Disciplina, stimoli Così si resiste alla maratona della «clausura»
«Vista la dinamica del contagio nel nostro Paese, in Europa e nel mondo ci rendiamo conto che il periodo delle restrizioni, soprattutto dell’obbligo domiciliare, non sarà una corsa breve ma una maratona. È urgente abituarci a un adeguato atteggiamento di resistenza, di disciplina, di autocontrollo. Penso all’atteggiamento degli inglesi che, durante la Seconda guerra mondiale e sotto i bombardamenti, ricorsero a quegli strumenti per affrontare una stagione tragica e per poi uscirne». Vengono in mente tante immagini di quel momento storico: «Tutti ricordano la foto della storica Biblioteca di Holland House bombardata e devastata, con i passanti che si soffermano sui libri scampati alla devastazione. Un messaggio sul futuro, sul valore della cultura che rimane». Massimo Ammaniti, psicanalista, professore onorario di Psicopatologia dello sviluppo a «La Sapienza» di Roma, ricostruisce i tempi recenti: «La prima risposta collettiva al coronavirus è stata la sorpresa. Poi tutti abbiamo sottoscritto una specie di patto in vista di un primo termine prefissato per la fine dell’emergenza. Ora i tempi si dilatano, la conclusione è imprevedibile. Bisogna prepararsi alla maratona». Per questo Ammaniti indica alcune tappe per una «resistenza psicologica antiansia» a un isolamento personale e collettivo che si annuncia più lungo del previsto. Il vero punto, sostiene, è individuare il perno dell’autodisciplina interiore. Per sottrarsi al pericolo dell’ansia «è importantissimo non lasciarsi inghiottire dal continuo flusso informativo. Leggere i giornali, certo, scegliersi due tre appuntamenti informativi in tv ma evitare passività e dipendenze per non finire nel meccanismo del conteggio continuo dei morti e degli ammalati. Per distrarsi, leggere libri che appassionino. Un autore che consiglio è Dumas. Il mondo dell’avventura prende e trascina via». Per evitare possibili depressioni, cercare di auto tranquillizzarsi. Cioè puntare sul proprio stesso aiuto. Ma come? «Tensioni e cadute dell’umore, della tenuta, vanno messi nel conto. Se c’è qualche avvisaglia, la respirazione ritmica, quella per esempio suggerita dallo yoga, è ideale per ritrovare un immediato equilibrio. Poi cercare i ricordi più positivi, ricostruirli, riassaporarli. Tutto questo spinge a “ritrovarsi” regolando le emozioni, soprattutto quelle negative». Fin qui il ruolo positivo del passato. Poi c’è la liberazione da quello negativo: «Restare sempre in casa porta a imbattersi in una quantità di materiali lasciati “in deposito”. Fogli, appunti, ritagli, oggetti. È l’occasione giusta per gettare via tutto ciò che è inutile, che non ci “appartiene” più». Naturalmente c’è la quotidianità con «la cura di sé stessi, delle persona, il non lasciarsi andare a restare sempre in pigiama ma vestirsi sempre, regolandosi su orari precisi per l’alimentazione e il sonno». Ma la mente, il motore generale del sé, va protetta: «In famiglia è essenziale ritrovarsi, parlare, cucinare insieme magari a turno per condividere l’accudimento, ripristinare giochi collettivi come le carte. Ma è altrettanto importante che ciascuno ritagli tempi esclusivamente propri nel chiuso di una stanza. Un recinto dove mettersi da soli con se stessi, rimettere in ordine i pezzi della giornata. Il pericolo è di una specie di “agglutinazione difensiva” dove il nucleo diventa un tutt’uno, cancellando le individualità».