L’ultimo assolo di Manu Dibango: quando l’africa scoprì il jazz
Stroncato dal coronavirus. La sua «Soul Makossa» era stata ripresa da Michael Jackson e Rihanna
Lo piange Eto’o, leggenda camerunese del calcio: «Sei andato a riposarti, Papà, sei stato un patriota, un cosmopolita, un modello, un simbolo per un intero popolo». Lo piange Lorenzo Jovanotti: nel suo addio su Instagram lo chiama «il leone del Camerun» e ricorda «la sua arte colta e potente e una giornata in studio di registrazione» a Parigi, dove ieri, fanno sapere i suoi cari su Facebook, se l’è portato via il coronavirus. Aveva 86 anni.
Manu Dibango, sassofonista jazz nato a Douala, in Camerun, nel 1933, è stato uno dei padri del jazz contemporaneo, e un antesignano della world-music, avendo sempre mescolato al jazz i suoni della sua terra. Il jazz lo aveva imparato a Parigi: i genitori, un funzionario e una disegnatrice di abiti, ce lo avevano spedito a studiare a 15 anni.
Tra i suoi pezzi più noti, non per caso, c’è Soul Makossa, del 1972, che già nel nome mescola jazz e makossa, uno stile musicale nato in Camerun negli anni Sessanta, al culmine dei movimenti africani per l’indipendenza, che è già di per sé musica afro contaminata da altri generi. Difficile,
anche per coloro a cui il titolo Soul Makossa non dica nulla, provare a ascoltarla e non riconoscere il fraseggio di sax, notissimo: non fosse perché l’hanno campionata, tra gli altri, Michael Jackson e Rihanna in due loro brani, Wanna Be Startin’ Something e Don’t Stop The Music, senza però mai, disse, chiedergli il permesso. Per molti il brano è il primo brano dance della storia; per molti, poi, Dibango è il padre dell’afro music (e la sua biografia, pubblicata in Italia da Edt, si intitola proprio Tre chili di caffè — vita del padre dell’afro music).
Viveva a Parigi da anni, aveva festeggiato gli 80 con un concerto e non aveva cessato i tour. I funerali saranno in forma ristretta per il virus, ma i cari esortano su Facebook chiunque abbia un ricordo di lui a condividerlo.
Il ricordo di Jovanotti «Mi regalò un giorno insieme in studio di registrazione e la sua arte colta e potente»