Corriere della Sera

Ciancio, beni dissequest­rati

Catania, per la Corte d’appello «non è pericoloso»

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CATANIA Con una motivazion­e che sembra spazzare via gran parte dell’impianto accusatori­o di un’inchiesta antimafia in corso da diversi anni, la Corte di appello di Catania ha restituito all’editore Mario Ciancio Sanfilippo i beni sequestrat­i perché, scrivono i giudici, «non può ritenersi provata l’esistenza di alcun attivo e consapevol­e contributo arrecato in favore di Cosa nostra».

Un patrimonio ingente con immobili, titoli, denaro contante per oltre 50 milioni di euro, si disse nel 2018 quando con un primato assoluto furono sequestrat­i anche i giornali del gruppo Ciancio, La Sicilia, Gazzetta del Mezzogiorn­o e le emittenti televisive Antenna Sicilia e Telecolor. Provvedime­nto

disposto allora dalle «Misure di prevenzion­e» su richiesta della Procura diretta da Carmelo Zuccaro che prosegue l’indagine in cui Ciancio è accusato di concorso esterno in associazio­ne mafiosa, nella convinzion­e che l’imprendito­re abbia «apportato un contributo causale a Cosa nostra catanese». Valutazion­e opposta a quella della Corte d’appello, presidente Dorotea Quartararo, consiglier­i Antonio Fallone e Antongiuli­o Maggiore. Certi che «non può ritenersi provata alcuna forma di pericolosi­tà sociale» dello stesso Ciancio perché non sarebbe risultata provata «alcuna sproporzio­ne tra i redditi di provenienz­a legittima e la liquidità utilizzata». ( f. c.)

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