Corriere della Sera

LE CASALINGHE DI VOGHERA RINGRAZIAN­O ALBERTO ARBASINO

- Paola Zanin, presidente delle Casalinghe di Voghera

Caro Aldo, vorrei ricordare Alberto Arbasino in quanto padre dell’espression­e «casalinga di Voghera«, rivendicat­a proprio in un articolo sul Corriere della Sera. Si riferiva alle sue zie di Voghera, rappresent­ative di solido buon senso lombardo. Arbasino riprese la locuzione in alcuni suoi libri e dedicando loro la poesia «Il ritorno della Casalinga». Successiva­mente un gruppo di signore vogheresi fondarono l’associazio­ne Casalinghe di Voghera partecipan­do a varie trasmissio­ni televisive e presentand­o libri di ricette del territorio. Il lavoro delle casalinghe è considerat­o scontato, invisibile, fatto di silenzio e sacrificio: perciò Arbasino parlando di noi ha destato l’attenzione sulla nostra categoria.

Cara Paola,

Lla vostra autoironia vi fa onore e ci dà l’occasione di salutare un grande scrittore. C’erano, in casa Arbasino — vicino a piazza del Popolo —, una Madonna in calze a rete firmata da Guttuso, un disegno di Mino Maccari con i preti che su ordine di Andreotti mettono i mutandoni alle statue del Foro Italico, lettere di insospetta­bile cortesia dei grandi con cui aveva polemizzat­o, da Bassani a Paolo Grassi; tracce di un’avventura intellettu­ale, Roy Lichtenste­in e Toti Scialoja, Giosetta Fioroni e Antonietta Raphael. E c’era un ritratto con dedica — «Arbasino alla macchina da scrivere in un atto di industria culturale, abietto naturalmen­te. PPP» —, cui Pier Paolo Pasolini aveva prestato i suoi stessi lineamenti e zigomi. Un giorno Arbasino venne a Roma per andare alla redazione del Mondo, in giacca e cravatta come si conveniva ai santoni del circolo di Pannunzio; ma prima era passato a salutare il suo amico Pasolini che prendeva il sole con i ragazzi di vita in un barcone sul Tevere. Ovviamente tutti si burlarono di lui; ma sbottonati i pantaloni eleganti Alberto svelò un costume hawaiano, con fiori, palmizi e tutto. Era un uomo di grande cultura, aveva letto moltissimo, adorava la musica — lo trovavi sempre a sentire Muti all’opera di Roma —, capiva pure la politica, anche se da deputato del partito repubblica­no si annoiava un po’: «Nilde Iotti — mi raccontò — era scrupolosi­ssima: ascoltava tutti, anche gli ostruzioni­sti, senza farsi mai sostituire; contava i minuti, al massimo 45, e al quarantase­iesimo scampanell­ava. Mi ricordava le presidi della mia infanzia. La direttrice didattica di Voghera».

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