«Fiero della mia Bergamo Sforzo enorme della città»
L’imprenditore Bombassei: gli esempi, dalla sanità all’università
Non posso non chiederle come sta. La sua Bergamo è in ginocchio: ospedali sotto assedio e poi quella fila di autocarri dell’esercito usati per il trasporto delle bare
«La dimensione di questa tragedia mi ha toccato da molto vicino. Ho perso uno dei miei amici più cari, Romano Zanini, un uomo straordinario oltre che un grande appassionato di automobili come me. Se n’è andata anche la moglie in pochi giorni. Sono vicino ai loro figli. A questo aggiunga la sensazione di impotenza che lo stare in casa comporta. Ma tutta la città sta facendo uno sforzo enorme. A partire dal sindaco Gori, da chi lavora nei nostri ospedali che sta dimostrando una generosità commovente, dal vescovo. L’università ha garantito in tempi record lezioni da remoto consentendo a tutti di frequentare. Sento tutti al telefono quasi ogni giorno. Oggi, ancor più che in passato, sono orgoglioso di essere bergamasco».
Alberto Bombassei, 79 anni, guida la Brembo, leader mondiale nei freni. È fondatore del parco scientifico del Kilometro Rosso, a Stezzano, a due passi dall’aeroporto ormai senza voli. Stabilimenti tra Bergamo e Brescia. Province prostrate dalla pandemia, ad altissima vocazione industriale. La Brembo ha chiuso,
Il profilo
● Alberto Bombassei (foto), 79 anni, guida la Brembo, la multinazionale leader mondiale nei freni
● Ha fondato a Stezzano, provincia di Bergamo, il parco scientifico del Kilometro Rosso
● Il consiglio di amministrazione ha deliberato un finanziamento all’istituto Mario Negri per la ricerca contro il virus almeno fino al 3 aprile, poi si vedrà. «Oggi dobbiamo concentrarci sull’emergenza sanitaria. Non è possibile pensare ad altro — dice Bombassei —. Abbiamo intrapreso un percorso che mi pare l’unico possibile e che può produrre risultati solo con una rigorosa coscienza collettiva».
Non crede ci sia bisogno uno sforzo di riconversione verso componenti medicali?
«Certo ma poche realtà sono nelle condizioni di farlo. Questo deve fare riflettere sulle filiere di quei prodotti indispensabili nella gestione delle emergenze e che oggi fatichiamo a reperire. È un discorso che riguarda il grande tema della globalizzazione, non dovremo dimenticarcene, da italiani e da europei».
Non sempre la catena delle donazioni funziona a dovere e in più converrebbe investire sulla ricerca nel pharma.
«Ho proposto venerdì durante il consiglio straordinario di Brembo di destinare un milione di euro all’ospedale Papa Giovanni XXIII, a From e all’istituto Mario Negri che lo utilizzeranno per specifiche attività di ricerca. Spero che altri imprenditori ci seguano. Il professor Remuzzi sostiene che se si comprenderanno a fondo le modalità attraverso le quali si innesca la letale polmonite che questo virus provoca, sarà possibile trovare una soluzione farmacologica. La speranza è che l’obiettivo non sia così lontano. La ricerca è il nostro modo di fare impresa e ci è sembrato giusto applicarlo anche a questa drammatica situazione».
E’ preoccupato per la filiera dell’auto? La globalizzazione porta con sé filiere interconnesse che ora moltiplicano
dBrembo Abbiamo fondamentali molto solidi, torneremo a produrre quando sarà possibile, tutelando tutti l’effetto pandemico.
«Nella prima settimana di blocco non dormivo la notte. Poi anche i nostri clienti hanno chiuso gli stabilimenti. Dall’europa agli Stati Uniti il mercato dell’auto è fermo. Certo, le conseguenze per la filiera dell’automotive potrebbero essere gravissime. È un’industria che stava già attraversando una fase di radicale cambiamento e di giganteschi investimenti per la spinta all’ibrido e all’elettrico».
C’è speranza di una ripartenza veloce guardando Pechino?
«Ho seguito la gestione dell’emergenza in Cina dove abbiamo 5 stabilimenti. Il Governo ha prolungato la chiusura delle fabbriche per il capodanno
Corriere.it Sul sito del sulle ricadute della pandemia sull’auto cinese di due settimane. Poi hanno ricominciato dimostrando che è possibile riprendere in tempi ragionevoli le attività».
Stavolta si fa o muore l’europa?
«Lo vedo nell’auto, dovrebbe essere Bruxelles a coordinare le scelte dell’industria e invece andiamo in ordine sparso. Lo dico da tempo, buttare via una tecnologia europea molto evoluta, anche dal punto di vista ambientale, come il motore diesel, mi sembra una scelta scellerata. Questa crisi dovrà far riemergere la convinzione che davvero abbiamo un destino comune, anche una politica industriale comune. Se in una situazione così difficile prevarranno gli egoismi, il destino delle istituzioni comunitarie potrebbe essere a rischio, compresa la moneta comune».
Avete congelato il dividendo nel 2020 e rivisto i budget
«Abbiamo fondamentali molto solidi, ma è chiaro che ora sono saltate tutte le previsioni. Torneremo a produrre quando sarà possibile, tutelando, come abbiamo sempre fatto, la sicurezza di tutti i nostri lavoratori».
Le misure del governo bastano?
«Apprezzo il modo di agire del governo a cui va la mia solidarietà in un momento così complesso. Anche il decreto segue principi condivisibili. Poi ci sono aspetti in cui potrebbe essere migliorato, certo. Forse si poteva decidere, qui a Bergamo, il blocco totale una settimana prima. Ma possiamo dirlo ora col senno del poi».