Corriere della Sera

«Fiero della mia Bergamo Sforzo enorme della città»

L’imprendito­re Bombassei: gli esempi, dalla sanità all’università

- Di Fabio Savelli L’economia Corriere della Sera gli approfondi­menti

Non posso non chiederle come sta. La sua Bergamo è in ginocchio: ospedali sotto assedio e poi quella fila di autocarri dell’esercito usati per il trasporto delle bare

«La dimensione di questa tragedia mi ha toccato da molto vicino. Ho perso uno dei miei amici più cari, Romano Zanini, un uomo straordina­rio oltre che un grande appassiona­to di automobili come me. Se n’è andata anche la moglie in pochi giorni. Sono vicino ai loro figli. A questo aggiunga la sensazione di impotenza che lo stare in casa comporta. Ma tutta la città sta facendo uno sforzo enorme. A partire dal sindaco Gori, da chi lavora nei nostri ospedali che sta dimostrand­o una generosità commovente, dal vescovo. L’università ha garantito in tempi record lezioni da remoto consentend­o a tutti di frequentar­e. Sento tutti al telefono quasi ogni giorno. Oggi, ancor più che in passato, sono orgoglioso di essere bergamasco».

Alberto Bombassei, 79 anni, guida la Brembo, leader mondiale nei freni. È fondatore del parco scientific­o del Kilometro Rosso, a Stezzano, a due passi dall’aeroporto ormai senza voli. Stabilimen­ti tra Bergamo e Brescia. Province prostrate dalla pandemia, ad altissima vocazione industrial­e. La Brembo ha chiuso,

Il profilo

● Alberto Bombassei (foto), 79 anni, guida la Brembo, la multinazio­nale leader mondiale nei freni

● Ha fondato a Stezzano, provincia di Bergamo, il parco scientific­o del Kilometro Rosso

● Il consiglio di amministra­zione ha deliberato un finanziame­nto all’istituto Mario Negri per la ricerca contro il virus almeno fino al 3 aprile, poi si vedrà. «Oggi dobbiamo concentrar­ci sull’emergenza sanitaria. Non è possibile pensare ad altro — dice Bombassei —. Abbiamo intrapreso un percorso che mi pare l’unico possibile e che può produrre risultati solo con una rigorosa coscienza collettiva».

Non crede ci sia bisogno uno sforzo di riconversi­one verso componenti medicali?

«Certo ma poche realtà sono nelle condizioni di farlo. Questo deve fare riflettere sulle filiere di quei prodotti indispensa­bili nella gestione delle emergenze e che oggi fatichiamo a reperire. È un discorso che riguarda il grande tema della globalizza­zione, non dovremo dimenticar­cene, da italiani e da europei».

Non sempre la catena delle donazioni funziona a dovere e in più converrebb­e investire sulla ricerca nel pharma.

«Ho proposto venerdì durante il consiglio straordina­rio di Brembo di destinare un milione di euro all’ospedale Papa Giovanni XXIII, a From e all’istituto Mario Negri che lo utilizzera­nno per specifiche attività di ricerca. Spero che altri imprendito­ri ci seguano. Il professor Remuzzi sostiene che se si comprender­anno a fondo le modalità attraverso le quali si innesca la letale polmonite che questo virus provoca, sarà possibile trovare una soluzione farmacolog­ica. La speranza è che l’obiettivo non sia così lontano. La ricerca è il nostro modo di fare impresa e ci è sembrato giusto applicarlo anche a questa drammatica situazione».

E’ preoccupat­o per la filiera dell’auto? La globalizza­zione porta con sé filiere interconne­sse che ora moltiplica­no

dBrembo Abbiamo fondamenta­li molto solidi, torneremo a produrre quando sarà possibile, tutelando tutti l’effetto pandemico.

«Nella prima settimana di blocco non dormivo la notte. Poi anche i nostri clienti hanno chiuso gli stabilimen­ti. Dall’europa agli Stati Uniti il mercato dell’auto è fermo. Certo, le conseguenz­e per la filiera dell’automotive potrebbero essere gravissime. È un’industria che stava già attraversa­ndo una fase di radicale cambiament­o e di gigantesch­i investimen­ti per la spinta all’ibrido e all’elettrico».

C’è speranza di una ripartenza veloce guardando Pechino?

«Ho seguito la gestione dell’emergenza in Cina dove abbiamo 5 stabilimen­ti. Il Governo ha prolungato la chiusura delle fabbriche per il capodanno

Corriere.it Sul sito del sulle ricadute della pandemia sull’auto cinese di due settimane. Poi hanno ricomincia­to dimostrand­o che è possibile riprendere in tempi ragionevol­i le attività».

Stavolta si fa o muore l’europa?

«Lo vedo nell’auto, dovrebbe essere Bruxelles a coordinare le scelte dell’industria e invece andiamo in ordine sparso. Lo dico da tempo, buttare via una tecnologia europea molto evoluta, anche dal punto di vista ambientale, come il motore diesel, mi sembra una scelta scellerata. Questa crisi dovrà far riemergere la convinzion­e che davvero abbiamo un destino comune, anche una politica industrial­e comune. Se in una situazione così difficile prevarrann­o gli egoismi, il destino delle istituzion­i comunitari­e potrebbe essere a rischio, compresa la moneta comune».

Avete congelato il dividendo nel 2020 e rivisto i budget

«Abbiamo fondamenta­li molto solidi, ma è chiaro che ora sono saltate tutte le previsioni. Torneremo a produrre quando sarà possibile, tutelando, come abbiamo sempre fatto, la sicurezza di tutti i nostri lavoratori».

Le misure del governo bastano?

«Apprezzo il modo di agire del governo a cui va la mia solidariet­à in un momento così complesso. Anche il decreto segue principi condivisib­ili. Poi ci sono aspetti in cui potrebbe essere migliorato, certo. Forse si poteva decidere, qui a Bergamo, il blocco totale una settimana prima. Ma possiamo dirlo ora col senno del poi».

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