Convivere, anche se diversi La lezione eterna di «Cuore»
Rispetto, libertà, attenzione per gli altri sono i valori trasmessi dal romanzo Un inno all’educazione civica che pone temi ancora aperti: che fare con i bulli?
«Educate l’infanzia… educate l’infanzia e la gioventù… governate con la libertà». Così Edmondo De Amicis, in Cuore, fa parlare Cavour in preda al delirio della morte.
Può sembrare un paradosso, ma non compare molto spesso la parola «educare», con i suoi derivati e i suoi sinonimi, nel bestseller scolastico per eccellenza. Può sembrare un paradosso, per un libro programmaticamente pensato dal suo autore e dal suo editore per educare i bambini facendo piangere o per far piangere educando. Un altro paradosso vuole che il libro delle lacrime si sia rovesciato col tempo in un libro tutto da ridere, grazie al famoso Elogio di Franti, che Umberto Eco scrisse nel 1962. Si trattava di una lucida (e giocosa) vendetta: la vendetta di un’intera generazione che, come tante precedenti, aveva subìto l’imperio ricattatorio di quel racconto lacrimevole impostato su modelli militareschi, che Arbasino rubricò sotto la voce «sanguinaccio speziato e dolcissimo» e inserì nel solco del patetismo ottocentesco che lo stesso scrittore di Voghera considerava degno del Marchese de Sade.
Fatto sta che, debitamente contestualizzate, ancora oggi vanno ben riconosciute le ragioni dei detrattori nei confronti di quel paternalismo autoritario, di quel socialismo sentimentale che escludeva a priori ogni permeabilità tra i ceti sociali, sicché Nelli e Crossi sono destinati a rimanere poveracci, così come resta immutato lo status dell’aristocratico Nobis e del nobile Votini, né al malvagio Franti o al misero Muratorino si aprono panorami di speranza o di riscatto. Pur tuttavia, non è difficile, trascorso il necessario gusto parodistico e satirico della generazione neoavanguardistica, aderire a letture più morbide come quella che Domenico Starnone, nel 1993, consegnò all’introduzione del tascabile Feltrinelli. Il quale Starnone scrive a proposito del terribile Franti: «Tutti i valori di Cuore si sono spezzati in quel figlio irrispettoso, e si badi che non sono valori solo risibili: molti — tipo la reverenza per “la vecchiaia, la miseria, l’amor materno, l’infermità, la fatica, la morte” — sono tutti da sottoscrivere, anche quando vanno in scena al modo dell’ingegner Bottini». L’ingegner Bottini è il padre del protagonista, Enrico, estensore del diario in cui il genitore si inserisce commentando e correggendo e rimproverando: presenza prevaricante e francamente intrusiva. Eppure è a lui che si devono alcuni precetti non disprezzabili per la vita civile, anche se alla generazione di Eco e di Arbasino potevano apparire ridondanti e retorici, ma che oggi risultano tutt’altro che «risibili». Un esempio: «Rispetta la strada. L’educazione d’un popolo si giudica innanzi tutto dal contegno ch’egli tien per la strada. Dove troverai la villania per le strade, troverai la villania nelle case. E studiale, le strade, studia la città dove vivi…». Al netto di quel che segue (la «piccola patria» che «è stata una madre per te» eccetera…), si tratta di avvertenze sul vivere comunitario di cui oggi bisognerebbe fare tesoro. Non per nulla il libro Cuore non dispiacque al filologo Giorgio Pasquali che non esitò a elogiarlo come «il più laico» tra tutti i libri italiani di educazione: in esso, osservò Pasquali, «i ricchi, i signori si degnano di mandare i loro figli alle scuole pubbliche, li sgridano e svergognano quando essi si mostrano arroganti verso i compagni poveri, cioè inferiori». È pur vero che tra gli «inferiori» c’è Franti, quello che oggi definiremmo un «bullo» insopportabile e violento, destinato a essere espulso dalla scuola deamicisiana. Che ne faremmo oggi di un tale «perturbatore»? Andrebbe ad accrescere il conto della dispersione scolaricordato, stica. Richiederebbe un’altra scuola che ancora, oltre un secolo dopo, non c’è. O di un mondo diverso che ancora non c’è. Sono i problemi irrisolti che ancora oggi ci pongono le pagine di Cuore.
Pubblicato nel 1886 da Treves dopo un lungo periodo di elaborazione, Cuore ottenne un successo straordinario, varcando subito i confini nazionali. Per quasi un secolo è stato il libro più letto dai bambini italiani e non solo. Uno scrittore raffinato come l’israeliano Abraham Yehoshua ha qualche anno fa in un’intervista, il suo debito sentimentale e letterario verso il libro di De Amicis: «Mia madre voleva che io diventassi avvocato, e anch’io pensavo fosse una buona idea... Mio padre invece mi leggeva tutte le sere i racconti di Cuore. Sono storie che narrano di emozioni pure e sentimentali. E più leggeva e più io piangevo. Mia madre gli chiedeva: “Perché continui a farlo piangere?”, senza ottenere risposta. Ecco qual è il potere meraviglioso della letteratura: una pagina di un libro riesce a commuoverci, a farci piangere o a farci ridere. Sono state le letture che mi faceva mio padre ad avvicinarmi alla letteratura». Non è male per un capolavoro della paraletteratura e dei buoni sentimenti.
Successo
Edito nel 1886, per quasi un secolo è stato il più letto dai bambini italiani e non solo
Riconoscenza Abraham Yehoshua ha ricordato il suo debito sentimentale e letterario verso il libro