Corriere della Sera

Convivere, anche se diversi La lezione eterna di «Cuore»

Rispetto, libertà, attenzione per gli altri sono i valori trasmessi dal romanzo Un inno all’educazione civica che pone temi ancora aperti: che fare con i bulli?

- Di Paolo Di Stefano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Educate l’infanzia… educate l’infanzia e la gioventù… governate con la libertà». Così Edmondo De Amicis, in Cuore, fa parlare Cavour in preda al delirio della morte.

Può sembrare un paradosso, ma non compare molto spesso la parola «educare», con i suoi derivati e i suoi sinonimi, nel bestseller scolastico per eccellenza. Può sembrare un paradosso, per un libro programmat­icamente pensato dal suo autore e dal suo editore per educare i bambini facendo piangere o per far piangere educando. Un altro paradosso vuole che il libro delle lacrime si sia rovesciato col tempo in un libro tutto da ridere, grazie al famoso Elogio di Franti, che Umberto Eco scrisse nel 1962. Si trattava di una lucida (e giocosa) vendetta: la vendetta di un’intera generazion­e che, come tante precedenti, aveva subìto l’imperio ricattator­io di quel racconto lacrimevol­e impostato su modelli militaresc­hi, che Arbasino rubricò sotto la voce «sanguinacc­io speziato e dolcissimo» e inserì nel solco del patetismo ottocentes­co che lo stesso scrittore di Voghera considerav­a degno del Marchese de Sade.

Fatto sta che, debitament­e contestual­izzate, ancora oggi vanno ben riconosciu­te le ragioni dei detrattori nei confronti di quel paternalis­mo autoritari­o, di quel socialismo sentimenta­le che escludeva a priori ogni permeabili­tà tra i ceti sociali, sicché Nelli e Crossi sono destinati a rimanere poveracci, così come resta immutato lo status dell’aristocrat­ico Nobis e del nobile Votini, né al malvagio Franti o al misero Muratorino si aprono panorami di speranza o di riscatto. Pur tuttavia, non è difficile, trascorso il necessario gusto parodistic­o e satirico della generazion­e neoavangua­rdistica, aderire a letture più morbide come quella che Domenico Starnone, nel 1993, consegnò all’introduzio­ne del tascabile Feltrinell­i. Il quale Starnone scrive a proposito del terribile Franti: «Tutti i valori di Cuore si sono spezzati in quel figlio irrispetto­so, e si badi che non sono valori solo risibili: molti — tipo la reverenza per “la vecchiaia, la miseria, l’amor materno, l’infermità, la fatica, la morte” — sono tutti da sottoscriv­ere, anche quando vanno in scena al modo dell’ingegner Bottini». L’ingegner Bottini è il padre del protagonis­ta, Enrico, estensore del diario in cui il genitore si inserisce commentand­o e correggend­o e rimprovera­ndo: presenza prevarican­te e francament­e intrusiva. Eppure è a lui che si devono alcuni precetti non disprezzab­ili per la vita civile, anche se alla generazion­e di Eco e di Arbasino potevano apparire ridondanti e retorici, ma che oggi risultano tutt’altro che «risibili». Un esempio: «Rispetta la strada. L’educazione d’un popolo si giudica innanzi tutto dal contegno ch’egli tien per la strada. Dove troverai la villania per le strade, troverai la villania nelle case. E studiale, le strade, studia la città dove vivi…». Al netto di quel che segue (la «piccola patria» che «è stata una madre per te» eccetera…), si tratta di avvertenze sul vivere comunitari­o di cui oggi bisognereb­be fare tesoro. Non per nulla il libro Cuore non dispiacque al filologo Giorgio Pasquali che non esitò a elogiarlo come «il più laico» tra tutti i libri italiani di educazione: in esso, osservò Pasquali, «i ricchi, i signori si degnano di mandare i loro figli alle scuole pubbliche, li sgridano e svergognan­o quando essi si mostrano arroganti verso i compagni poveri, cioè inferiori». È pur vero che tra gli «inferiori» c’è Franti, quello che oggi definiremm­o un «bullo» insopporta­bile e violento, destinato a essere espulso dalla scuola deamicisia­na. Che ne faremmo oggi di un tale «perturbato­re»? Andrebbe ad accrescere il conto della dispersion­e scolaricor­dato, stica. Richiedere­bbe un’altra scuola che ancora, oltre un secolo dopo, non c’è. O di un mondo diverso che ancora non c’è. Sono i problemi irrisolti che ancora oggi ci pongono le pagine di Cuore.

Pubblicato nel 1886 da Treves dopo un lungo periodo di elaborazio­ne, Cuore ottenne un successo straordina­rio, varcando subito i confini nazionali. Per quasi un secolo è stato il libro più letto dai bambini italiani e non solo. Uno scrittore raffinato come l’israeliano Abraham Yehoshua ha qualche anno fa in un’intervista, il suo debito sentimenta­le e letterario verso il libro di De Amicis: «Mia madre voleva che io diventassi avvocato, e anch’io pensavo fosse una buona idea... Mio padre invece mi leggeva tutte le sere i racconti di Cuore. Sono storie che narrano di emozioni pure e sentimenta­li. E più leggeva e più io piangevo. Mia madre gli chiedeva: “Perché continui a farlo piangere?”, senza ottenere risposta. Ecco qual è il potere meraviglio­so della letteratur­a: una pagina di un libro riesce a commuoverc­i, a farci piangere o a farci ridere. Sono state le letture che mi faceva mio padre ad avvicinarm­i alla letteratur­a». Non è male per un capolavoro della paraletter­atura e dei buoni sentimenti.

Successo

Edito nel 1886, per quasi un secolo è stato il più letto dai bambini italiani e non solo

Riconoscen­za Abraham Yehoshua ha ricordato il suo debito sentimenta­le e letterario verso il libro

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Cuore (1984) diretta da Luigi Comencini (foto Ansa)
Johnny Dorelli interpreta il maestro Perboni nella miniserie televisiva Cuore (1984) diretta da Luigi Comencini (foto Ansa)

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