Un caso unico nei Giochi moderni Solo la guerra li ha cancellati
Questa mancava. I cari, vecchi Giochi olimpici ne hanno viste di ogni dall’appuntamento di Atene 1896, il primo dell’era moderna: scandali, doping, tensioni, boicottaggi, guerre, cancellazioni. Ma uno slittamento mai. Tokyo 2020 diventa Tokyo 2021 e l’edizione numero 32 dell’olimpiade estiva è così già nella storia. È una via di mezzo tra la cancellazione tout court — qualcuno l’aveva ventilata, ma probabilmente era solo una delle tante fake news che girano oggi — e uno spostamento, a causa dell’epidemia del coronavirus, da circoscrivere comunque a questo orribile 2020. Una scelta troppo rischiosa. A Tokyo, dunque, ci si andrà tra un anno. La capitale nipponica non è fortunata, perché già una volta era finita nella burrasca. Ci riferiamo al 1940, quando il Giappone sarebbe stato olimpico sia sul fronte dei Giochi invernali (destinati a Sapporo) sia su quello dell’edizione estiva: fino al 1992 le due versioni olimpiche si sono celebrate nello stesso anno, a volte nello stesso Paese. C’era già il poster ufficiale, ma la Seconda Guerra Mondiale fermò tutto: il Paese del Sol Levante avrebbe impiegato 24 anni per riavere i Giochi che aveva perso. Il movimento a cinque cerchi rimase così con il ricordo dell’edizione del 1936 a Berlino, quella della celebrazione dei fasti nazisti ma anche quella che vide l’avvento della cinematografia sportiva grazie a «Olympia», il docu-film di Leni Riefenstahl. La città tedesca avrebbe dovuto già essere sede già nel 1916, ma in quel caso era stata la Grande Guerra a bloccare lo sport. Tornando agli anni 40, il prolungarsi del conflitto mondiale portò inevitabilmente alla cancellazione pure dell’edizione del 1944, destinata a Londra (i Giochi invernali, invece, sarebbero stati disputati a Cortina), ma la capitale inglese ebbe modo di rifarsi nell’immediato dopoguerra. Nel 1948 un mondo che usciva dalle devastazioni e che aveva voglia di ricominciare si ritrovò nella città del Big Ben anche nel nome dello sport: fu l’olimpiade di Fanny Blankers-koen, di Emil Zatopek, di Bob Mathias, di Harrison Dillard, del nostro Settebello della pallanuoto, di Adolfo Consolini e di altri campioni. Gli eventi delle due guerre ebbero conseguenze pure sul piano sportivo. I vincitori della Prima guerra mondiale impedirono infatti alle Nazioni sconfitte di partecipare ai Giochi del 1920. Lo stesso accadde nel 1948. Unica eccezione l’italia, alla quale fu riconosciuta l’attenuante di aver dichiarato guerra, dopo l’armistizio del 1943, ai tedeschi invasori. C’è un’ultima cosa da dire. Sia nel 1940 sia nel 1944 lo spirito olimpico in qualche modo non si spense nei tragici eventi. Coraggiosi internati nei campi di lavoro nazisti organizzarono clandestinamente dei Giochi di guerra, dotandosi perfino della bandiera olimpica (i cerchi erano formati da fili di ferro) e di coppe ricavate da borracce e da altri oggetti. Il Cio non ha mai voluto considerare per quegli eroi qualcosa di più di un encomio freddo e formale: un’occasione mancata, a nostro avviso.