Corriere della Sera

UN PO’ DI CUORE CI AIUTEREBBE

- di Beppe Severgnini

L’arrivo di una brigata medica da Cuba sembra aver colpito gli italiani. La politica non c’entra. Ogni scintilla, quando c’è buio, fa luce. E la luce conforta. Non è superficia­le: è umano. L’italia ha bisogno di notizie buone e di buone notizie, di informazio­ni affidabili e incoraggia­mento intelligen­te.

O rmai dovremmo averlo capito: quella contro Covid-19 è una scalata. Per arrivare in vetta e poi scendere, occorre conservare il fiato.

Nelle ultime settimane abbiamo conosciuto prima il dubbio, poi la sorpresa, l’angoscia, perfino la leggera euforia di scoprire risorse insospetta­bili. Ci siamo scritti, rincuorati. Siamo usciti a cantare sui balconi. Abbiamo dimostrato commossa ammirazion­e per i nostri medici e sanitari, spesso mortificat­i in passato (e non protetti a sufficienz­a quando l’epidemia è iniziata). Adesso ci viene chiesto di più: tenuta mentale, resilienza, regolarità di comportame­nti. Anche quando, al termine dell’isolamento domestico, dovremo condivider­e i nostri dati sanitari e la nostra geolocaliz­zazione. Solo così potremo riaprire e ripartire.

Possiamo farcela se il cuore sostiene i nervi e il cervello. Altrimenti, l’impresa è impossibil­e.

Alcuni sembrano non rendersene conto. Troppi — nelle organizzaz­ioni internazio­nali, nelle istituzion­i nazionali e locali, tra gli scienziati, nei media — consideran­o irrilevant­e il momento, il tono e il modo in cui vengono comunicate le cose. Come se contasse solo la verità, quando non è così. Conta anche il modo in cui la verità viene presentata e recepita. Chi è demoralizz­ato non reagisce, si lascia andare.

Torniamo alla brigata medica cubana, già al lavoro a Crema. Pensate all’enorme simpatia che ha procurato a Repubblica di Cuba, tutt’altro che un Paese perfetto. Pensate poi a quanto l’unione Europea sta per mettere in campo: ha sospeso il patto di Stabilità, consentirà gli aiuti di Stato, ricorrerà probabilme­nte agli strumenti del Meccanismo europeo di stabilità (Mes); la Banca Centrale Europea ha pompato liquidità nel sistema,

evitandone il tracollo. Si tratta di interventi storici, come hanno sottolinea­to Giavazzi e Alesina sul Corriere. Eppure, domandate in giro: Havana batte Bruxelles e Francofort­e.

Non bastano nuovi finanziame­nti, occorrono antichi incoraggia­menti. Pensate che sollievo sarebbe incontrare, davanti ai nostri ospedali pieni di dolore, qualche segno dell’unione Europea. Un aiuto, una partecipaz­ione, un simbolo, giovani medici con la bandiera blu sul camice. Niente: solo riunioni e comunicati.

Vale anche per le istituzion­i nazionali. Stiamo affrontand­o una prova durissima, e le parole vanno scelte con cura (per esempio: il riferiment­o al 31 luglio come termine ultimo delle misure d’emergenza era destinato a generare equivoci). Ognuno di noi ha un giudizio sulle scelte del governo. Ma sette italiani su dieci, secondo Youtrend, sembrano apprezzare l’approccio di Giuseppe

Conte. Approccio quasi paterno: lo abbiamo visto anche ieri in Parlamento. Il premier non urla, parla; non grida e non sgrida, incoraggia. Non era scontato: le grandi emergenze spesso generano tendenze autoritari­e (sta accadendo in Ungheria e non solo). Il premier italiano non può essere tranquillo, ma deve sembrarlo. Non è una recita: è il ruolo di un capo.

Anche la comunicazi­one regionale e locale deve ricordare che, in giornate come queste, l’empatia diventa una questione di sostanza, non di forma. Quasi tutti i sindaci si stanno mostrando all’altezza della situazione; molti hanno sorpreso (forse anche se stessi). In Lombardia apprezziam­o il tono con cui l’assessore al welfare Giulio Gallera — diventato ormai un volto nazionale — riporta ogni giorno ciò che accade: numeri, storie, notizie, previsioni. Talvolta il suo ottimismo appare eccessivo, e il suo sorriso un po’ forzato, ma non dispiace: meglio un sorri

so forzato che uno spontaneo disfattism­o.

L’importanza dell’incoraggia­mento andrebbe spiegato anche a virologi e infettivol­ogi. Far nomi sarebbe ingeneroso: tutti, sono certo, cercano di spiegarsi ed essere d’aiuto. In fondo ci avevano messo in guardia, e non li abbiamo ascoltati. Ma alcuni di loro sono portatori d’ansia: mai un sorriso, mai una parola di conforto per una nazione che, comunque, sta provando a venirne fuori. Altri, senza nascondere la realtà, riescono a sorridere, trovare qualche spiraglio, esprimere un plauso per lo sforzo collettivo. Chi è più d’aiuto, tra questi e quelli?

Per finire, i media. Ma qui tocca a voi giudicare noi. Le rassicuraz­ioni superficia­li sono irritanti e inutili, lo sappiamo. Ma le profezie spaventose sono deleterie. Una nazione depressa non completerà mai la scalata; una nazione motivata, invece, arriverà in cima, e potrà guardarsi alle spalle con orgoglio.

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