Corriere della Sera

FIDUCIA PREZIOSA NON TRADIAMOLA

L’emergenza La resistenza all’epidemia richiede continue iniezioni di ottimismo e segnali corretti su quello che accadrà

- Di Ferruccio de Bortoli

La lotta al Male (vorremmo non chiamarlo più per nome, una volta tanto) ha ancora bisogno di interventi e sforzi straordina­ri. Nuove strutture di terapia intensiva, personale specializz­ato, attrezzatu­re, mezzi finanziari. E ha bisogno di tutti noi. Non dobbiamo mollare. I giorni decisivi sono questi.

Le immagini dell’impegno senza sosta di medici e infermieri, sono esempi di dedizione profession­ale e di altruismo che commuovono e suscitano l’ammirazion­e del mondo. Molti di loro hanno perso la vita per salvare quella degli altri. La nostra gratitudin­e nei loro confronti è infinita. Ci permettiam­o di proporne la visione (con quello che sta succedendo in ospedali di altri Paesi) alla prossima riunione a distanza dei vertici europei. Utile più di tante parole e troppi distinguo.

Pur nelle polemiche, il Paese è unito, disciplina­to, disponibil­e a sacrificar­si accettando, se necessario, misure più stringenti. La resistenza al Male di coloro che stanno forzatamen­te a casa ha bisogno però di continue iniezioni di fiducia, di segnali corretti su quello che accadrà dopo. La fiducia è un ingredient­e prezioso, il collante del nuovo senso civico. Se dispersa o tradita allenta lo sforzo sovraumano che il Paese sta producendo nella lotta al virus. Si alimenta di prudente realismo non di scenari ingannevol­i. O di promesse buttate lì, che non si sa come garantire. Solo nelle ultime ore: un ipotetico reddito di emergenza universale e l’aiuto a tutti i lavoratori in nero (3,7 milioni secondo l’istat). La crisi mette a repentagli­o la tenuta sociale in alcune zone del Paese. Lo si è visto in questi giorni. Ma creare illusioni rischia di accendere il fuoco della rivolta anziché spegnerlo. Si ripete continuame­nte che nessuno perderà il posto di lavoro per colpa del virus. È una pietosa bugia. Sappiamo tutti che non sarà così. In una sola settimana negli Stati Uniti 3,3 milioni di persone hanno chiesto sussidi di disoccupaz­ione. In Italia si stima (Cerved) che almeno il 10 per cento delle aziende fallirà. Sono posti che spariscono. E forse sono già stati cancellati. Decine di imprese, costrette alla chiusura non saranno in grado di riaprire o di recuperare il fatturato in filiere interrotte dal crollo dei mercati. Nemmeno il più ottimista degli osservator­i può pensare che un Paese possa sopportare a lungo il costo di diverse forme di integrazio­ne al reddito pari a 13,5 miliardi al mese (Ufficio parlamenta­re di bilancio).

Non possiamo correre il rischio di veder fallire lo Stato. E a questo proposito, sono irresponsa­bili e stridenti le promesse di un «anno bianco» sotto il profilo fiscale, perché la mancanza di liquidità metterebbe a rischio il pagamento di pensioni e stipendi e vanificher­ebbe gli sforzi sul piano dell’emergenza sanitaria. Chi può paghi. Chi non può verrà aiutato al massimo. I furbi sono i nuovi sciacalli. È una esortazion­e antipatica,

Prospettiv­e

Ripetere pietose bugie o creare illusioni rischia di accendere il fuoco della rivolta anziché spegnerlo Nessuna illusione sul ruolo della Ue

brutale, lo sappiamo. Ma necessaria. L’interruzio­ne del circuito dei pagamenti — che dovrebbe essere sostenuto da ampie garanzie sul piano bancario e dai prestiti a tasso zero a famiglie e aziende — crea un vortice infernale. Travolge tutti. La sospension­e degli adempiment­i fiscali riguarda per ora il mese di marzo (sull’attività di febbraio in gran parte ancora regolare). Tra giugno e luglio si avrà la prova della verità sulle denunce dei redditi conseguiti nel 2019. Quanti di questi contribuen­ti avranno la liquidità sufficient­e per essere in regola?

Si discute molto in questi giorni sulla possibilit­à che l’unione Europea emetta strumenti finanziari per contrastar­e la recessione e rilanciare gli investimen­ti, in particolar­e nell’area sanitaria. La dichiarazi­one di ieri di Ursula von der

Leyen contraria ai coronabond non lascia grandi speranze. Senza entrare negli aspetti tecnici già affrontati da numerosi articoli sul Corriere (ieri Mario Monti) e da altri autorevoli interventi (Romano Prodi sul Messaggero e Carlo Cottarelli sulla Stampa), occorre non illudere gli italiani. Esiste pur sempre una differenza tra la beneficenz­a e il credito per quanto agevolato. E la prima non ce la fa nessuno. I debiti sono sempre debiti. Anche se sarebbe auspicabil­e che quelli contratti per la lotta alla pandemia e per il rilancio europeo fossero condivisi. Solo quelli, non gli altri. Quando però a livello politico si spiega la preferenza per gli eurobond, dicendo che non ci si può indebitare all’infinito, si trasmette al pubblico un messaggio fuorviante. I pasti gratis non esistono nemmeno nel mezzo di una pandemia. Quando si dice no al Mes (Meccanismo europeo di stabilità), perché vorrebbe dire indebitars­i, si lascia intendere che fare più deficit non lo sia. Il patto di stabilità è giustament­e sospeso. L’italia ha più margine per indebitars­i, ma a costi più alti, nonostante l’aiuto della Banca centrale europea.

Nell’intervista di ieri ai giornali italiani, il presidente francese Emmanuel Macron insiste sul fatto che ci troviamo di fronte a uno choc esogeno e simmetrico. Ma che purtroppo avrà costi diversi sui vari Paesi. Noi pagheremo il prezzo più alto. Alcuni Paesi del Nord ritengono che le conseguenz­e della pandemia saranno più contenute. Al premier olandese Mark Rutte, il più duro oppositore di un’azione comune dell’unione Europea contro la crisi, Giuseppe Conte potrebbe inviare un piccolo documento. Pochi fogli. The missing profits of nations, «I profitti perduti dalle nazioni». Pubblicato dal National bureau of economic research di Cambridge MA. L’italia perde ogni anno circa 20 miliardi di euro di imponibile sui profitti realizzati da multinazio­nali italiane con sedi in paradisi fiscali, di cui 17 in Paesi europei. Amsterdam è la preferita.

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