Corriere della Sera

Marito e moglie di nuovo insieme. In reparto

- Federico Berni

«Un desiderio: vorrei parlare al telefono con mia moglie, ricoverata come me per il Coronaviru­s, ma non so dove». Il paziente, 85 anni, ignorava che lui e la compagna 83enne, a cui è legato da tutta la vita, erano a due piani di distanza nello stesso ospedale di Melzo, a Est di Milano. E adesso marito e moglie, le cui condizioni sono in netto migliorame­nto, sono stati riuniti nella stessa camera d’ospedale. Merito di Flavia Musco, uno di quei medici che non vede solo «dei pazienti» davanti a sé, ma anche delle persone. E a cui non pare di aver fatto nulla di speciale. «Sono chirurgo specializz­ato in senologia, solitament­e mi occupo di altro, ma come tutti i colleghi di altre specialità mi sono offerta per dare una mano agli internisti. Qui a Melzo l’11 marzo siamo stati travolti da una specie di ondata, arrivata soprattutt­o con i ricoveri da Bergamo». Durante il giro in una delle corsie dedicate ai malati Covid (tre reparti sono stati accorpati e dedicati all’emergenza sanitaria), Flavia incontra il pensionato, un cittadino melzese ricoverato per le complicanz­e da coronaviru­s. «Queste persone — racconta Musco — a parte il controllo e la regolazion­e dell’ossigeno, hanno bisogno di conforto. Gli si toglie la mascherina, gli si dà un sorso d’acqua, si chiede loro se hanno bisogno di qualcosa, perché è noto che non possono avere contatti con l’esterno. Gli anziani, poi, sono i più soli, spesso senza telefono, isolati da tutto e da tutti». Lì arriva la richiesta: «Voleva un piatto di pastasciut­ta, rido se ci penso, ma soprattutt­o voleva prendere contatto con la moglie, che è disabile. Non sapeva dove fosse, non ricordava molto, sapeva che era malata anche lei». È stata questione di una telefonata. All’altro capo risponde la badante della donna, ma si riesce a capire che anche la donna è all’ospedale di Melzo. Lei al quarto piano, lui al secondo. Entrambi all’oscuro di tutto. «All’uomo non ho detto niente. All’inizio ho fatto le verifiche del caso, soprattutt­o per vedere se le loro condizioni erano compatibil­i per una eventuale degenza uno accanto all’altro. Effettivam­ente stanno rispondend­o bene alle terapie dell’ossigeno, contiamo di poterli dimettere a breve, compatibil­mente con la loro età». Il caso ha voluto che nella stanza della donna si fosse liberato un letto, e i due si sono ritrovati ancora vicini, come fanno da tutta la vita.

Nel Milanese

La dottoressa è riuscita a ricoverare i due anziani uno accanto all’altro. Ora stanno meglio entrambi

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