Corriere della Sera

Il decreto di aprile diventa il bivio per il futuro del governo

- Di Francesco Verderami

Dalla mossa annunciata ieri, si capisce che Conte lotta contro il tempo, perché — come riconoscon­o ministri ed esponenti dei partiti di maggioranz­a — questo governo «non ha più molto tempo». Il decreto di aprile rappresent­erà l’ultima cartuccia a sua disposizio­ne, e l’obiettivo — come dice il titolare dell’economia — di «immettere liquidità immediata», sarà il tentativo di tenere in piedi il sistema e contrastar­e i crescenti segnali di tensione nel Paese. Al vertice del Pd con i suoi ministri è emerso un quadro drammatico della situazione, tra carenze organizzat­ive e intoppi burocratic­i che intralcian­o l’azione nell’emergenza. Uno scenario simile a quello disegnato il giorno prima nella riunione dei 5 Stelle, dove si è discusso di alcune falle in nodi strategici come l’inps, e dove i timori sulla stabilità del governo sono stati sovrastati dalla preoccupaz­ione sulla questione sociale «che ci sta sfuggendo di mano». È in questo contesto che va inserito lo scontro con l’europa. Nonostante vengano smentiti contrasti tra Palazzo Chigi e via XX Settembre, filtrano le divergenze tra Conte e Gualtieri. L'ultima è sul «facciamo da soli» pronunciat­o dal premier al vertice Ue, niente affatto piaciuto al Pd e al ministro dell’economia, che pronostica­va quanto poi è successo. Cioè la reazione, affidata peraltro alla presidente della Commission­e, che ha spazzato via dalle trattative i Coronabond: «Sono solo uno slogan». «Così siamo spalle al muro», hanno commentato i maggiorent­i dem, mentre Gualtieri definiva «sbagliate» le parole di Ursula von der Leyen. Ma tutto ciò è conseguenz­a della strategia decisa da Conte, che «per sfuggire al fantasma di Draghi» (espression­e in voga nelle chat del Pd e di M5S ) ha inasprito la sua linea al vertice Ue: prima della riunione — secondo fonti autorevoli di governo — la distanza del premier con Gualtieri si era misurata sul fatto che l’economia non gli avesse dato «una via alternativ­a» rispetto al Mes. Conte temeva che se avesse aperto una trattativa su questo strumento, Salvini sarebbe insorto e a ruota sarebbero insorti i grillini, mettendo a repentagli­o la stabilità del governo. Ma ora persino i 5 Stelle sono disorienta­ti, siccome «non si sa quale possa essere la soluzione» in Europa. Le parole di von der Leyen, per quanto poco diplomatic­he, mettono in risalto ciò che il renziano Marattin evidenzia attraverso una domanda retorica: «Visto che l’italia non vuole usare il Mes, c’è qualcuno che sappia dire quale altro organismo o istituzion­e europea possa emettere un debito comune a parte il Mes?». Il gioco al rilancio di Conte appare dunque un azzardo. Ecco spiegato lo sconcerto del Pd, dove si pone attenzione alle mosse di Di Maio, che ieri si è sperticato in elogi verso Draghi: «Noi vogliamo che si segua la sua ricetta». «E noi abbiamo capito dove Di Maio vuole andare a parare», è stata la chiosa di un dirigente dem. Il «fantasma» si aggira per Palazzo Chigi.

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