Incendio nel Palazzo di giustizia «Atti urgenti salvi, ma è un disastro»
Milano, innesco accidentale. Distrutti gli uffici dei gip e la cancelleria centrale. Nessun ferito
MILANO Mancano solo le cavallette ormai. E poi — dopo l’incendio che ieri all’alba ha reso inagibili tre piani su sette — il Palazzo di giustizia di Milano, già alle prese con il Covid-19 come ogni lembo di Paese, le avrà viste tutte: falle nei metal detector quando un imputato sparò a morte a un avvocato e a un giudice e a un coimputato, l’arresto per contiguità mafiose del titolare di una società di vigilantes del tribunale, pluriennali negligenze sui parapetti culminate nella caduta dalle scale di un avvocato rimasto paralizzato, da un mese la contabilità dei giudici o cancellieri positivi al virus e i relativi salti mortali per assicurare almeno i servizi essenziali, magistrati issati su una gru a San Vittore per cercare di raffreddare una rivolta di detenuti, e adesso appunto il rogo. Che, per cause accidentali ancora da chiarire, prende a serpeggiare forse già di notte al VII dei sette piani (dove lavorano i giudici delle indagini preliminari e il Tribunale di Sorveglianza), incenerisce all’alba la cancelleria centrale Gip oltre al Punto informativo per il pubblico, e «gassa» l’antistante ala dei giudici di sorveglianza.
Quello che non fa in tempo a fare il fuoco, soffocato a fatica da tre ore di gran lavoro di sette automezzi e due scale dei pompieri, finisce di farlo l’acqua nei tre piani posticci, sopraelevati decenni fa con materiali approssimativi: acqua che non solo infradicia i fascicoli nella parte inferiore degli armadi del Tribunale di Sorveglianza, ma allaga i sottostanti VI e V piano dove lavorano i pm del pool Antimafia e alcuni giudici civili. L’acqua percola sino ad alcune zone del IV piano della Procura, dove si staccano controsoffitti di cartongesso vicini agli uffici di due procuratori aggiunti.
«Al momento non ci sono evidenze diverse da un fatto accidentale, ma è stato un incendio violentissimo», rileva il pm Alberto Nobili, accorso sul posto, mentre il presidente gip Aurelio Barazzetta constata «un danno importante, la cancelleria centrale è distrutta». «Tutto allagato, tutto buio, abbiamo dovuto inoltrare gli atti urgenti a Pavia, stavamo già dando risposte oltre le nostre forze e ora i nostri uffici sono chiusi», non crede ai propri occhi Giovanna Di Rosa, presidente del Tribunale di Sorveglianza.
Per ora sono inagibili VII, VI e parte del V piano, poi occorrerà verificare tre tipi di danni: ai fascicoli (quanti andati persi e se recuperabili da versioni informatiche), alla staticità delle strutture, e alla utilizzabilità o meno dell’impianto elettrico. Al momento sono state recuperate in qualche modo 8 stanze al IV piano per sistemarvi i primi «esuli» in via di sgombero.
Ai vertici giudiziari arriva la telefonata del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che ringrazia il personale per il «puro ed encomiabile spirito di servizio» che va «oltre quello che è dovuto allo Stato», aggiungendo che «è giusto che i cittadini sappiano che il ministero sta dando e darà tutto il sostegno possibile». «Non può tacersi — osservava appena lo scorso primo febbraio all’anno giudiziario la presidente della Corte d’appello, Marina Tavassi — dei gravissimi ritardi con i quali il ministero della Giustizia risponde alle richieste urgenti reiterate insistentemente» per «molti interventi di adeguamento rispetto alle norme sulla sicurezza sul lavoro», tra i quali proprio «il rifacimento del sistema antincendio del Palazzo, non funzionale e necessitante di integrale ristrutturazione».
3
Piani
Sono quelli inagibili a causa dell’incendio, in particolare Il settimo, il sesto e parte del quinto. Recuperate invece 8 stanze del quarto piano