L’OLANDA DA PORTO SICURO A POLIZIOTTO CATTIVO
Mi scusi se ho dovuto asciugare la sua bella lettera, ma ne traggo lo spunto per una riflessione. È evidente che in Europa comanda la Germania, che la vera roccaforte del fronte rigorista è la Bundesbank. Però questa parte del poliziotto cattivo che si è ritagliato il premier olandese Mark Rutte è davvero deludente. E non solo perché la vittoria del democristiano Rutte sull’estremista Geert Wilders era stata salutata nel 2017 come la prima battuta d’arresto del populismo, dopo l’anno d’oro di Trump e della Brexit. L’olanda è sempre stata la patria del liberalismo, della tolleranza, della lungimiranza. Nel Rinascimento, gli ebrei e i perseguitati trovavano nei Paesi Bassi, nella borghesia mercantile e nella casa degli Oranje un porto sicuro. Chi non poteva stampare i suoi libri o manifestare le sue idee in casa, metteva vela verso Rotterdam o partiva per Amsterdam. Ancora oggi il giorno del re, che da quando è salito al trono Guglielmo cade il 27 aprile, è una straordinaria prova d’integrazione: vecchi e nuovi immigrati, indonesiani e comunitari, i discendenti dell’antico impero coloniale e gli espulsi dalla crisi del Sud Europa si mescolano uniformati dalla maglietta arancione. Amsterdam del resto è con Londra la metropoli più internazionale d’europa (Parigi è una città francese e maghrebina con forti comunità da altre parti del mondo più o meno integrate, Madrid è una capitale iberoamericana).
Capisco che gli olandesi non vogliano pagare i debiti di noi meridionali. Ma sarebbe riduttivo lasciare che la tradizione liberale di uno Stato che pagò una pensione a Spinoza «giudeo e ateo», e salvò la vita e il pensiero di altre migliaia di perseguitati, oggi si limiti a fare dell’olanda un paradiso fiscale per multinazionali.
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