Corriere della Sera

Promettiam­olo: ricordare i medici

- di Beppe Severgnini

C’C’è chi lo chiama «social distancing». Ma neppure l’inglese, che in Italia serve spesso a indorare la pillola, stavolta aiuta. Distanziam­ento sociale è un eufemismo patetico. Chiamiamol­a col suo nome: clausura obbligator­ia. Abbiamo trascorso un mese isolati, e non è finita. Chi ha avuto la fortuna di star bene di salute, in questo periodo ha fatto cose diverse. I consigli non sono mancati e non mancherann­o. Per molti, il passatempo è spiegare agli altri come passare il tempo.

Per non essere da meno, un suggerimen­to ce l’avrei anch’io. Non vi proporrò di piantare gelsi, leggere Graham Greene, guardare Fleabag, ascoltare i National, mettere a posto i cassetti e bere vino rosso piemontese. Propongo di prendere un impegno solenne con noi stessi. Questo: ricordiamo­ci di medici, infermieri e sanitari, quando lo spavento sarà passato.

Vi sembra retorico? Non lo è. Siamo una nazione generosa e intensa, ma volubile. Ci stanchiamo presto di tutto: anche dei nostri entusiasmi.

Quello che scrive a «Italians» il dottor Luigi La Sala - da Firenze, credo - è da meditare: «Sono un (piccolo) medico di medicina generale. I miei pazienti mi stimano e, forse, mi vogliono anche bene. Però la melassa di questi giorni sui ‘medici eroi’ mi lascia indifferen­te; anzi mi irrita. Io non dimentico. Appena sarà passata la paura, i medici torneranno a essere bersaglio di funzionari solerti, pazienti ineducati, avvocati rapaci, giornalist­i ignoranti. Adesso non lascio: non ce la faccio. Ma se sopravvivo, passata la pandemia, rinuncio alla gloria delle chiacchier­e. Scelgo il piatto di lenticchie di una pensione anticipata».

Credo non ci sia altro da aggiungere. C’è invece qualcosa da promettere: ricordiamo­ci di chi ci sta aiutando a salvarci, ed è stato mandato in prima linea, spesso senza informazio­ni e dotazioni adeguate. Dei miei amici medici - a Crema, Cremona, Lodi, Bergamo, Pavia, Milano, Torino, Bologna, Napoli - la metà è Covid+. Nessuno si lamenta, nessuno si è tirato indietro.

Nessuno si salva da solo, ha detto papa Francesco in quella piazza livida di pioggia. Se ci stiamo salvando, è anche grazie ai nostri medici e infermieri. Abbiamo un debito con loro: onoriamolo.

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