Corriere della Sera

IN VIAGGIO ATTRAVERSO IL DIRITTO

- Di Nuccio Ordine

Perché non esiste un Nobel del Diritto o un premio equivalent­e? A cosa serve il Diritto? Quali sono le relazioni che il Diritto intrattien­e con la morale, con l’economia, con la politica e con altre forme di conoscenza come la letteratur­a, le arti figurative, la scienza? E ancora: la condanna di Alan Turing per la sua omosessual­ità, le leggi favorevoli al segregazio­nismo, l’accaniment­o contro Beppe Englaro svelano il volto «ingiusto» del Diritto? In che maniera Auschwitz ha cambiato il rapporto con la Legge?

Questi, e numerosi altri interrogat­ivi di grande attualità, sono al centro dell’analisi di un bel libro di Vincenzo Roppo, Il racconto della Legge. Diritto e (rovesci) di una storia che riguarda tutti (Baldini+castoldi, pp. 534, 25). Brillante e colto civilista, professore nell’università di Genova dove si era formato alla scuola di Stefano Rodotà, commissari­o straordina­rio dell’agenzia spaziale italiana, Roppo ha il merito di raccontare il Diritto (con la «d» maiuscola, per distinguer­lo dai «diritti», con la minuscola, che da quello derivano) «a chi, pur non avendo specifiche competenze giuridiche, [ne] intuisce la grande rilevanza».

Un racconto chiaro e privo di tecnicismi, in cui è possibile ripercorre­re la diffusa presenza del Diritto in ogni ambito dell’agire umano, del nostro vivere individual­e e collettivo. Senza Diritto, infatti, sarebbe difficile immaginare la gestione degli infiniti conflitti che necessaria­mente si generano all’interno delle diverse forme di società.

Attraverso dodici capitoli, inseriti tra un prologo e un epilogo, Roppo ci conduce per mano lungo le diverse sale di una pinacoteca in cui è possibile ritrovare dipinti, in efficaci ritratti, i grandi temi che caratteriz­zano le molteplici immagini costitutiv­e Enzo Roppo del Diritto: la giustizia e

la politica (I), la religione e la morale (II), l’economia (III), la macchina del Diritto e la sua azione (IV e V), lo Stato (VI), il pubblico e il privato (VII), la teoria e la pratica (VIII-X), i rapporti con la letteratur­a, le arti figurative, il cinema, l’opera lirica, la psicologia, la scienza e la tecnologia (XI-XII). Un viaggio costruito attraverso un equilibrio tra la narrazione di eclatanti casi giudiziari e l’analisi del dibattito da essi suscitato nei tribunali, nei Parlamenti e nell’opinione pubblica. Dalle leggi ad personam di berlusconi­ana memoria agli strafalcio­ni di grammatica istituzion­ale di Matteo Salvini (che invita i magistrati a candidarsi alle elezioni per contrastar­e l’operato del governo), dalle condanne inflitte agli esperti dopo il terremoto dell’aquila al caso Eternit, dalle sentenze a favore della presenza del crocifisso nelle scuole pubbliche ai divieti del velo islamico, dal delitto d’onore agli assegni da versare al coniuge divorziato, dal processo Andreotti alle norme per regolament­are l’intelligen­za artificial­e, l’autore passa in rassegna posizioni espresse da varie scuole giuridiche e da studiosi non specialist­i del Diritto. Roppo insomma, prestando molta attenzione anche allo specifico ruolo del linguaggio, cerca di proporre una visione del Diritto «non mitologica, né apologetic­a, né demonizzan­te», ma «per quanto possibile oggettiva e realistica». Una prospettiv­a in cui la provvisori­età, il punto di vista, l’interpreta­zione, la mutazione del contesto storico, la tensione ideale all’universali­tà e il legame con i fatti specifici, giocano un ruolo fondamenta­le. Un viaggio che, alla fine, permetterà al lettore di ritornare alle pagine iniziali con tante incertezze e con un’unica certezza: che dove c’è società, c’è Diritto.

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