Corriere della Sera

Lavia: set per Pirandello

L’attore-regista girerà «L’uomo dal fiore in bocca»: un testo sempre attuale «Porto sul grande schermo la sua opera più complessa Oggi scriverebb­e una novella su una coppia rinchiusa»

- Emilia Costantini

«Nella sala d’aspetto di una stazione, in una città indefinita, un uomo è in attesa del treno su cui deve salire. Aspetta la morte che, nel suo caso, ha un nome dolce: epitelioma». Gabriele Lavia porterà sul grande schermo L’uomo dal fiore in bocca di Luigi Pirandello, testo che ha già frequentat­o con successo in palcosceni­co, ora prodotto da Onemore Pictures di Manuela Cacciamani e Rai Cinema. «Se tutto va bene, è proprio il caso di dire — sottolinea l’attore e regista del film— dovrei iniziare a girare a giugno».

Sono numerose le pièce dello scrittore siciliano trasportat­e al cinema. È la prima volta per quest’opera.

«È la più difficile da tradurre nel linguaggio filmico: la vicenda è ambientata in un unico luogo con un solo protagonis­ta e il testo straborda di parole: il teatro è parola, il cinema è immagine in movimento, quindi la mia operazione è un controsens­o e sto portando avanti questo progetto con pudore, tremore: è un doppio salto mortale».

E allora perché rischiare?

«Una sfida che mi sono posto e che è stata accettata dai produttori con convinzion­e, nonostante tutti i miei dubbi e le paure, che ho ampiamente manifestat­o. Ma a me Pirandello ha sempre portato fortuna, forse perché sono siciliano come lui».

In teatro, il suo spettacolo si intitolava L’uomo dal fiore in bocca... e non solo.

«Sì, perché attingevo materiale anche da altre novelle pirandelli­ane. Al cinema il titolo sarà quello originale, ma ci saranno altri due personaggi: il Pacifico Avventore (Michele Demaria ndr), con cui il mio personaggi­o si confronta in alcuni momenti, e una figura femminile, vestita di nero, che appare, scompare, si nasconde, riappare. Dovrebbe essere la moglie del protagonis­ta, che segue costanteme­nte il marito da lontano per ricondurlo a casa, ma potrebbe essere la morte che attende il momento giusto per portarlo in un altro posto. Ognuno di noi ha una figura nera che lo segue da lontano sin dalla nascita, non esiste vita senza il germe della morte,

Precedenti Maya Sansa in «La balia» di Bellocchio (1999), una delle varie trasposizi­oni cinematogr­afiche delle opere di Pirandello è un dato inconfutab­ile, sia pure insopporta­bile. La vita è talmente avida di vita che non può concepire il pensiero assurdo della morte, ma è così».

Pirandello era ossessiona­to dall’idea della morte?

«Fin da ragazzino: dalla morte e dal sesso. Egli racconta in proposito un episodio. Un giorno, a Porto Empedocle, riesce a entrare di nascosto dentro a una camera mortuaria, dove era disteso il cadavere di un poveraccio. La sala era priva di luce e, a un certo punto, nella penombra il piccolo Luigi sente un fruscio di corpi e un respiro affannato. Spaventati­ssimo, si ripara in un angolo, ma pian piano riesce a distinguer­e la figura di una donna, con la gonna sollevata, e un uomo contro di lei che si muoveva ritmicamen­te ansimando. In quel luogo, i due, probabilme­nte adulteri, si erano nascosti per fare l’amore. Lo scrittore dichiara che, da quel giorno, ha sempre considerat­o l’amore, il sesso e la morte agglutinat­i insieme».

d Avrebbe immaginato la storia di un marito e una moglie che si detestano, costretti a convivere durante la quarantena: erotismo macabro

Dal Fu Mattia Pascal di Monicelli a Kaos dei Fratelli Taviani, da Il viaggio di Vittorio De Sica, al Liolà diretto da Alessandro Blasetti e La balia da Marco Bellocchio, fino ai recenti L’attesa con protagonis­ta Juliette Binoche e La scelta diretto da Michele Placido. Perché Pirandello è tanto saccheggia­to dal cinema?

«È una miniera inesauribi­le di idee per ottimi soggetti. Nonostante appartenga a un’epoca lontana, è contempora­neo nei temi che affronta, a cominciare dai rapporti familiari “malati”. È un genio nell’utilizzare un cannocchia­le rovesciato, con cui inquadra le persone, analizzand­ole in maniera spietata. E poi il suo erotismo macabro è facile fonte d’ispirazion­e per un regista di cinema: nell’uomo dal fiore in bocca, c’è l’orrore dell’epitelioma, un cancro, ma in fondo anche il sesso è una malattia che però non ti toglie il gusto della vita».

Se Pirandello avesse vissuto l’epidemia attuale, cosa avrebbe scritto?

«Secondo me, una novella dove marito e moglie, che si odiano, sono costretti a convivere chiusi in casa. Ma con loro c’è anche una servetta, soprannomi­nata la Sgricia, che in siciliano significa topolina di campagna e che pure essendo brutta, comincia a essere guardata dal marito con occhi diversi. E così di notte, quando la moglie dorme, lui va a bussare alla sua stanza e...».

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 ??  ?? In scena Attore e regista, Gabriele Lavia è nato a Milano il 10 ottobre 1942. Ha debuttato come attore teatrale nel 1963 e si è rivelato al grande pubblico recitando nello sceneggiat­o tv «Marco Visconti». A sinistra, in «I giganti della montagna» a teatro
In scena Attore e regista, Gabriele Lavia è nato a Milano il 10 ottobre 1942. Ha debuttato come attore teatrale nel 1963 e si è rivelato al grande pubblico recitando nello sceneggiat­o tv «Marco Visconti». A sinistra, in «I giganti della montagna» a teatro

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