Corriere della Sera

«Quando finirà davvero? Quota zero a metà maggio»

- di Federico Fubini

La luce in fondo al tunnel adesso inizia a brillare, non ancora vicina ma visibile. E a meno di errori nei calcoli degli analisti e nei comportame­nti degli italiani, possiamo arrivarci fra il 5 e il 16 maggio. È quella la finestra che si apre per centrare l’obiettivo degli sforzi di un intero Paese di sessanta milioni di abitanti: il giorno dell’azzerament­o, quando non si registrerà più nessun nuovo contagio (o pochissimi e isolati).

T ra la metà della prima o la fine della seconda settimana di maggio, alle tendenze attuali, in quasi tutte le regioni d’italia e in tutti i grandi campi di battaglia contro questa epidemia può arrivare il giorno zero: quello senza nuove diagnosi di tamponi postivi.

Alcune regioni sembrano decisament­e più avanti di altre nel contenere l’epidemia e raggiunger­e il giorno in cui nessun nuovo contagio verrà constatato dai test. In Trentino-alto Adige quella soglia potrebbe essere varcata il 6 aprile, in Basilicata il giorno seguente, in Valle d’aosta il giorno dopo ancora, mentre in Puglia ci si dovrebbe arrivare il 9 aprile.

Le stime sono pubblicate dall’einaudi Institute for Economics and Finance (Eief), un centro di ricerca universita­ria sostenuto dalla Banca d’italia ma del tutto indipenden­te nella ricerca. Il centro studi, basato a Roma, sta avviando in questi giorni un lavoro di ricerca che mancava. La Protezione civile e l’intero governo dall’inizio dell’emergenza fin qui sono stati in effetti molto trasparent­i — più che in vari altri Paesi europei — nel comunicare il numero dei nuovi contagi registrati, delle persone in terapia intensiva, dei decessi, oltre ai dati di ogni regione; in alcuni casi sono stati resi disponibil­i anche i dati di dettaglio per le singole province e gli accessi al pronto soccorso. Ma le autorità non hanno mai reso né misurabile la direzione né l’approdo: non hanno mai detto dove eravamo rispetto alle previsioni di evoluzione del morbo, che non sono mai state rese note. Non una mancanza da poco, per una popolazion­e a cui si chiede il più grande sacrificio: privarsi della libertà di muoversi e, spesso, di guadagnars­i da vivere. Senza aspettativ­e ufficiali, gli italiani si sono trovati a volare al buio da oltre un mese.

Gli scenari nelle regioni

Ora inizia ad accendersi la luce di un radar, magari non esatta ma plausibile. L’eief prevede che per le regioni più colpite del Paese potrebbe volerci un po’ più di tempo che per quasi tutte le altre, ma intravede un orizzonte. Il Veneto tende statistica­mente verso quota zero nuovi contagi registrati il 14 aprile. Per il Lazio la direzione di marcia indica un obiettivo al 16 aprile, pochi giorni prima di Calabria e Campania. Ultima la Toscana, la regione dove la curva si sta piegando più lentamente, con una soglia prevista appunto al 5 maggio. L’emiliaroma­gna tende verso la soglia al 28 aprile,

La finestra in cui si stima che i contagi saranno azzerati è collocata tra il 5 e il 16 maggio Per Veneto e Lazio risultato possibile da metà aprile. La Toscana fanalino di coda Regione per regione, le proiezioni dell’istituto Einaudi di Roma per un ritorno alla normalità

mentre la Lombardia già il 22. Potrebbe essere lontano non più di tre settimane il momento in cui si tampona — non si chiude, non si cicatrizza — la ferita più dolorosa di questa tragedia.

I dati del passato per capire il futuro

Così l’istituto Einaudi cerca di colmare il vuoto di comprensio­ne delle tendenze mettendo a frutto l’esperienza degli economisti nell’usare serie di dati del passato per cercare di capire cosa può accadere in futuro. La base è costituita dalla serie dei dati che da trentacinq­ue giorni la Protezione civile fornisce ogni sera. È stimando le variazioni quotidiane e la loro evoluzione nel tempo che l’eief formula le proprie estrapolaz­ioni. Il lavoro è di Franco Peracchi, ordinario di Econometri­a in congedo dall’università di Tor Vergata, oggi direttore dei master di Economia alla Georgetown University di Washington.

Per adesso, indica un orizzonte per la prima volta chiaro: le nuove diagnosi di Covid-19 si azzererann­o al più tardi il 16 maggio in sedici delle venti regioni italiane, anche se si tiene conto di puntuali casi futuri fuori dalla norma dell’ultimo mese. Restano ancora fuori dalle stime di Peracchi e dell’eief solo Marche, Molise, Sardegna e da ieri sera anche la Campania. Da queste quattro regioni vengono in un certo senso le notizie peggiori: non hanno ancora invertito la curva, non hanno ancora imboccato la parte discendent­e della traiettori­a che permette di intraveder­e quando e dove atterreran­no. Ma almeno Sardegna e Molise sono casi limitati e circoscrit­ti. Peracchi si preoccupa adesso in particolar­e della Campania. Non tanto per i quasi duemila casi, ma per la dinamica: gli ultimi sei giorni hanno fatto registrare un aumento dei casi da 80 a 189 in più rispetto alla giornata precedente.

La tendenza nazionale

Va tenuto presente però che i dati sulle singole regioni sono soggetti a forti revisioni di giorno in giorno, perché un numero ridotto di nuovi casi può far variare di molto le estrapolaz­ioni. Per questo va seguita soprattutt­o la tendenza nazionale, fondata su una base di dati più vasta. Peracchi stesso, l’autore dello studio, introduce alcune avvertenze sulla qualità dei dati. «Va notato che il numero dei casi in questo momento non è pari al numero degli abitanti del Paese attualment­e infettati, ma solo a quello di coloro che sono risultati positivi al test. La quantità di persone attualment­e infettate è probabilme­nte maggiore di un ordine di grandezza», scrive.

Luigi Guiso, docente di Household Finance dell’eief e fra gli economisti italiani più influenti nel mondo, osserva che le estrapolaz­ioni vanno prese soprattutt­o come «un’indicazion­e di tendenza, un’idea di dove stiamo planando con le misure di contenimen­to». Guiso prevede anche che le proiezioni, soggette a continui aggiorname­nti, dovrebbero diventare sempre più affidabili man mano che la Protezione civile aggiorna i dati. Soprattutt­o, aggiunge, potrebbero aiutare a disegnare sperimenta­zioni e strategie graduali di uscita dal blocco tenendo conto delle condizioni dei diversi territori.

A una condizione però, precisa Peracchi: indicare una luce in fondo al tunnel oggi è possibile solo se gli italiani continuera­nno con la stessa cura di prima a evitare i contatti per bloccare il contagio. Allentare la concentraz­ione adesso, anche di poco, significa tornare al buio.

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