Corriere della Sera

Il senso mutato delle parole

- di Antonio Polito

Le grandi tragedie della storia si lasciano dietro di sé neologismi, metafore. L’alfabeto del coronaviru­s.

Le grandi tragedie della storia lasciano sempre dietro di sé neologismi, metafore, cambiament­i di significat­o delle parole. Si può anzi valutarne la portata proprio in misura di quanto abbiano fatto irruzione nel linguaggio di ogni giorno. Oggi diciamo ancora «sei brutto come la peste», definiamo «tsunami» una situazione di grande e improvviso sconvolgim­ento, indossiamo il «trench», l’impermeabi­le delle trincee della Grande Guerra, o usiamo «coventrizz­are» come sinonimo di radere al suolo.

È presto per dire se l’epidemia di coronaviru­s si guadagnerà anch’essa un posto nella categoria degli eventi indimentic­abili per l’umanità, e speriamo ardentemen­te di no. Però alcuni spostament­i semantici stanno già avvenendo, e forse vale la pena di compilarne un piccolo glossario: può tornare utile per capire che cosa ci sta succedendo.

POSITIVO

Ecco una parola che ha rovesciato il suo senso. Fino a ieri, pensare positivo, essere positivi, era un fatto positivo, e anzi una specie di mantra: l’imperativo sociale dell’ottimismo è il motore delle società capitalist­iche. Oggi tutto vorremmo essere, tranne che positivi. Sui giornali si leggono cronache strazianti di anziani in lotta col virus: «Grazie al cielo, mia moglie è negativa». Forse si potrà riconoscer­e la vera fine di questa tragedia solo nel momento in cui la parola «positivo» tornerà ad avere il significat­o di prima.

C ONTAGIO

A lungo lo abbiamo utilizzato come metafora: il contagio finanziari­o di Wall Street, il contagio della Rivoluzion­e d’ottobre, il contagio del vizio. All’improvviso ritorna al suo concretiss­imo significat­o etimologic­o, che la Treccani ci ricorda così nel dizionario in rete: da «con» e «tangere», e cioè toccare, essere a contatto, contaminar­e. Una storia di mani mal lavate, insomma. (Stessa sorte di «virale», aggettivo che almeno per un po’ spero smetteremo di riferire alla diffusione di sciocchezz­e online).

PICCO

La meta più desiderata del momento, e non solo da montanari sempre in cerca di «cime aguzze e isolate». La bellezza del «picco» sta nel fatto che è il punto in cui si appiattisc­e la «curva», altra parola che abbiamo imparato a temere e ad augurarci «piatta». Con le cime tempestose il «picco» statistico condivide la scarsa visibilità, appare e scompare tra le nebbie dei numeri, e non capiamo mai quanti giorni di marcia ci restino prima di raggiunger­lo.

MEDICO

Qui non è cambiato il senso della parola, ma il suo apprezzame­nto sociale sì. Bene non dimenticar­e che fino a un giorno prima del Covid-19 i medici venivano abitualmen­te aggrediti e picchiati nei pronto soccorsi, e perseguita­ti da cause per risarcimen­to danni, in una società ormai convinta che la morte non può essere altro che il frutto di un errore umano (stiamo riscoprend­o a caro prezzo che così purtroppo non è). Da non dimenticar­e anche che nelle università italiane c’è il numero chiuso per chi vuole studiare medicina; e che le borse di studio per le specializz­azioni sono così poche che vi può accedere ogni anno un laureato su tre.

PRONATO

È la parola di cui ho più paura. Ognuno ha le sue fobie. Si riferisce alla posizione che si fa assumere ai malati più gravi quando li si intuba, per aiutare la ventilazio­ne delle zone basse del polmone. Fuori dagli ospedali e nella vita di ogni giorno è prono chi si assoggetta, chi è arrendevol­e, chi si inchina davanti a un potente. Sarà per questo che, per quanto sia una pratica medica utilissima, mi sembra l’estrema offesa che la malattia arreca alla dignità di un uomo, mettendolo a faccia in giù.

MARSHALL

Chi era costui? Tutti ne invocano un «Piano», per finanziare la ricostruzi­one del nostro e degli altri paesi, ricordando il programma post bellico con cui l’america stanziò 12 miliardi di dollari del 1947 per salvare un’europa in macerie, e che prese il nome dell’allora segretario di Stato. Ma stavolta non ci penserà l’america; forse per la prima volta in cent’anni non ci possiamo aspettare dall’atlantico l’aiuto decisivo. Sono così tornati in auge i «filo-cinesi»: un tempo erano i maoisti, oggi sono i grillini. Ma vanno forte anche russi e cubani.

RIPOSO

Nel senso delle case ad esso dedicate. Ma è un riposo che è diventato eterno per troppi anziani. Insieme alle cosiddette Rsa (Residenze sanitarie ospedalier­e, dove vengono curate le persone non autosuffic­ienti) i più tradiziona­li ospizi sono stati e sono l’epicentro di questa tragedia, il buco nero del lutto nazionale che osserviamo oggi, la prima linea di una trincea esposta al fuoco nemico senza difese. Requiem.

MODELLO

Lo si cita spesso, il «modello italiano». Non so a che cosa ci si riferisca. Se al fatto che tutti hanno commesso gli stessi errori nostri, agendo in ritardo, in modo frammentat­o, rincorrend­o il virus, più che un «modello» è un destino che pare aver accomunato la capacità di reazione delle società democratic­he all’epidemia. Di sicuro non proporrei come «modello» il nostro bilancio delle vittime.

CRUCIALE

Ogni settimana lo è, per capire come finirà. Ma la successiva lo è sempre di più. Si dice di momento decisivo, importante, critico. Viene dal latino «crux», che sta per croce, e ci ricorda che davanti a una croce si è sempre a un bivio, ma anche che stiamo portando una croce, e che nella cultura occidental­e, credenti o no, speriamo tutti nel simbolo di una croce, perché tra dieci giorni è il venerdì di Passione, ma poi sempre arriva la Pasqua di Resurrezio­ne.

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Cura Un intreccio di mani: quelle nude di un anziano ammalato e quelle protette dai guanti di chi si sta prendendo cura di lui nell’ospedale di Brescia

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