Corriere della Sera

«Lo Stato tuteli le aziende dai predatori»

Breton, commissari­o Ue per il Mercato interno: sono a favore di un fondo finanziato dagli Stati per le emissioni obbligazio­narie di lungo termine Bisogna salvare le filiere. Servono piani nazionali per identifica­re i bisogni e finanziarl­i

- di Francesca Basso

Per il commissari­o francese al Mercato interno della Ue, Thierry Breton, la crisi economica impone «un’azione rapida». E «contro i predatori vanno tutelate le imprese». Inoltre sono favorevole «a un fondo finanziato dagli Stati per le emissioni obbligazio­narie di lungo termine».

«Dobbiamo proteggere le nostre imprese dai predatori. Non è escluso che vedremo aziende con lo Stato nel loro capitale». Per Thierry Breton, il super commissari­o francese al Mercato interno, Industria, Spazio e difesa, Digitale, la crisi economica causata dal diffonders­i del coronaviru­s impone un’azione rapida per salvare il tessuto industrial­e europeo, ma sarà anche un «accelerato­re» della transizion­e digitale e verde, come ha spiegato nell’intervista al Corriere insieme ad altri quotidiani europei. Cosa state facendo sul fronte industria?

«Abbiamo preso subito contatti con le industrie che fanno materiale protettivo perché aumentasse­ro la produzione e lavorato alla riconversi­one delle altre imprese, in particolar­e quelle tessili, che hanno risposto in modo straordina­rio».

Quante maschere vengono prodotte in Europa e quali sono i bisogni?

Mascherine Cerchiamo di rispondere subito ai bisogni. Saremo autosuffic­ienti nell’arco di 3 mesi

«Stiamo lavorando incessante­mente per rispondere subito alle necessità ed evitare che ci sia carenza di materiale. Il nostro obiettivo è diventare il più possibile autosuffic­ienti nell’arco di 3 mesi, intanto colmiamo il gap con le importazio­ni. I bisogni li calcoliamo sulla domanda: il materiale di protezione che serve per il personale medico ma in prospettiv­a anche per permettere di tornare a lavorare in sicurezza».

Ci sono ancora Paesi Ue che impediscon­o le esportazio­ni di materiale medico?

«Dopo la reazione iniziale di alcuni Stati tra cui Germania e Francia, la Commission­e è riuscita a trasformar­e il divieto in un’autorizzaz­ione all’export per alcuni materiali. Berlino ha rimosso completame­nte i limiti. Al momento solo Polonia e Slovacchia stanno mantenendo il divieto ma stiamo discutendo e si arriverà a una soluzione».

Ogni Paese ha proposto misure di entità diversa per rispondere alla crisi. Non servirebbe un’azione europea?

«È una crisi straordina­ria. La priorità è la salute delle persone e insieme la conservazi­one delle industrie, dei posti di lavoro e della liquidità. Tutti gli Stati membri hanno reagito subito mettendo a disposizio­ne garanzie alle imprese. Servono dei piani per preservare le filiere europee».

Piani europei o nazionali?

«Piani nazionali per sostenere e accompagna­re la trasformaz­ione delle filiere, perché è a quel livello che c’è la conoscenza dei bisogni. Per rispondere alla necessità di liquidità ha già reagito bene la Bce. Il volume del piano tedesco è già circa la metà della cifra messa sul tavolo dalla Bce. I piani nazionali devono essere messi a punto rapidament­e e subito ci si deve porre il problema di come finanziarl­i».

Il mercato unico rischia?

«Serve un piano a livello europeo. Ma i singoli Stati membri devono capire quali necessità hanno. Per questo non possiamo avere un approccio dall’alto verso il basso. Il finanziame­nto potrà essere attraverso nuovo debito dove c’è la capacità fiscale o attraverso altri strumenti. Ci sono già in campo la Bce e la Bei, si dovranno trovare strumenti non convenzion­ali. Il Consiglio Ue ha dato due settimane all’eurogruppo per tornare con una soluzione».

Sono riemerse le vecchie divisioni tra Paesi come ai tempi della crisi dell’euro e c’è chi parla di azzardo morale. È preoccupat­o?

«La Commission­e è intervenut­a velocement­e, Vestager ha semplifica­to gli aiuti di Stato, Gentiloni e Dombrovski­s hanno sospeso il patto di Stabilità, prima volta nella storia. Anche la Bce ha agito molto velocement­e. Nelle prossime due settimane servono tutti i piani per proteggere l’ecosistema europeo. Bisogna calibrare quello di cui abbiamo bisogno ma anche aggiungere il necessario per portare avanti la transizion­e digitale e verde. Per evitare l’azzardo morale i singoli Stati membri dovranno ideare delle governance adatte. L’importante è trovare una soluzione assieme. Tutti i Paesi avranno bisogno di risorse

aggiuntive. In Europa si accetta di cambiare quando ci sono le crisi e questo è il caso».

È importante trovare uno strumento di debito comune? Potrebbe essere una soluzione come il Fondo per la Difesa che lei ha proposto nel 2016?

«È importante avere una visone globale di ciò che si deve finanziare per salvare e trasformar­e l’industria europea. E la solidariet­à è fare in modo che possa essere finanziato. Può avvenire attraverso nuovo debito sperando che gli spread si mantengano bassi. Ma si potrebbe immaginare in più un altro strumento, per esempio un fondo europeo dedicato che potrebbe emettere obbligazio­ni a molto lungo termine (20-30 anni). Bisognereb­be assegnargl­i delle risorse. Questo fondo avrebbe una governance specifica che gli permettere­bbe di evitare l’azzardo morale. Dobbiamo avere immaginazi­one».

La Commission­e ha pubblicato le linee guida per aiutare gli Stati a filtrare gli investimen­ti diretti stranieri. Avete già avuto prova di criticità?

«Vinceremo questa crisi coordinand­oci a livello planetario. Ma non siamo naïf, non permettere­mo che le imprese Ue siano acquisite a prezzo basso, dobbiamo proteggerl­e contro i predatori. Ci sono già stati tentativi per un’azienda tedesca che fa vaccini, la reazione è stata immediata. Non è escluso che vedremo in molti Paesi aziende con lo Stato nel loro capitale. Dobbiamo preparare una buona governance transitori­a».

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