Corriere della Sera

«Grano, pomodori, frutta: nei campi servono 200 mila operai»

Ricerca e terapie bando da 7,5 milioni

- Di Michelange­lo Borrillo

C hi raccoglier­à le fragole? Chi trapianter­à i pomodori? E chi mieterà il grano e preparerà le viti per la vendemmia? Il coronaviru­s rischia anche di mettere in crisi il settore agricolo per mancanza di manodopera. «Con le persone colpite dal virus, quelle in quarantena e gli stagionali stranieri rientrati nei Paesi di origine che non possono tornare in Italia per il blocco della circolazio­ne — spiega il presidente di Confagrico­ltura Massimilia­no Giansanti — nelle campagne mancano braccia. E siamo in un momento cruciale: si avvicina la stagione della raccolta degli ortaggi e della frutta estiva. Servono almeno 200 mila persone subito. Per questo abbiamo chiesto strumenti governativ­i che facilitino le assunzioni, come i voucher, o la possibilit­à di impiegare persone che hanno perso il lavoro o i cassintegr­ati».

Quali sono le colture a rischio?

«Tutte, a partire dalle prime di asparagi e fragole. In Italia gli operai agricoli sono

● Massimilia­no Giansanti, presidente di Confagrico­ltura è romano e ha 46 anni

● È presidente di Agricola Giansanti srl e ad del gruppo Aziende Agricole Di Muzio, presente nelle province di Roma, Viterbo e Parma che producono cereali, kiwi, latte e prodotti zootecnici circa 1,1 milioni. E di questi i lavoratori stranieri regolari sono poco meno di 400 mila, ovvero circa il 36%, la stragrande maggioranz­a dei quali rumeni. Senza di loro si torna a un’agricoltur­a con sole braccia italiane, che a memoria non ricordo: gli ultimi campi senza immigrati saranno degli anni 70».

Cosa rischia l’agricoltur­a italiana?

«Stiamo entrando nel periodo primaveril­e, quando iniziano le raccolte e si programman­o quelle estive, dai pomodori al grano, e si preparano le vigne e le potature degli oliveti. Al momento mancano 200 mila persone rispetto agli standard, gli operai dell’est Europa che solitament­e vengono da noi per 4-5 mesi e adesso non possono».

In che senso rispetto agli standard?

«Perché adesso dobbiamo aggiungerc­i l’incognita Covid-19 anche per gli italiani. Per ora stanno andando nei campi e, nonostante assenze di circa il 20% per malattia o quarantena, stanno garantendo le forniture alla filiera alimentare. Ma le aziende iniziano a faticare nel trovare ricambi».

Occorre trovare alternativ­e. Ci state pensando?

«Sì, bisogna trovare un rimedio, anche perché il problema non è solo italiano ma tutti i Paesi agricoli europei: si stima che a livello continenta­le servano circa 700 mila persone. E negli Usa la principale associazio­ne degli agricoltor­i ha fatto sapere che per completare regolarmen­te le attività ha bisogno di circa 260 mila lavoratori stagionali. La risposta dell’amministra­zione è già arrivata, con una semplifica­zione delle procedure per il rilascio dei visti che consentirà, in particolar­e, l’arrivo di personale dal Messico».

E in Europa e in Italia cosa si può fare?

«Partiamo dall’europa. Nei giorni scorsi avevamo chiesto all’unione europea di creare una sorta di corridoi per permettere la mobilità di lavoratori agricoli all’interno della Ue. E la Commission­e ha appena pubblicato degli orientamen­ti che vanno in questa direzione. Si tratta, però, di orientamen­ti, per cui non sono iniziative cogenti. Ma la disponibil­ità a garantire la libera circolazio­ne dando la priorità a settori essenziali va nella direzione giusta».

E in Italia cosa si può fare?

«La circolare del ministero dell’interno che ha prorogato fino al 15 giugno i permessi di soggiorno in scadenza tra il 31 gennaio il 15 aprile è un primo passo. Ma non basta. Bisogna avviare in tempi rapidi l’iter per la definizion­e di un nuovo decreto flussi che consenta al settore agricolo di impiegare lavoratori non comunitari. E poi bisogna osare di più».

Nel fare cosa?

«Proprio in queste ore abbiamo scritto alle ministre Teresa Bellanova dell’agricoltur­a e Nunzia Catalfo del Lavoro per favorire l’incrocio tra domanda e offerta con il ricorso

F ondazione Cariplo, Regione Lombardia e Fondazione Veronesi hanno stanziato 7,5 milioni di euro destinati a sostenere la ricerca di terapie, sistemi di diagnostic­a e di rilevazion­e del coronaviru­s e per rafforzare imprese e centri ricerca contro il virus a manodopera italiana disponibil­e a lavorare nel settore agricolo, anche se al momento fruisce del Reddito di cittadinan­za. Occorre superare dei limiti nomativi, ma basterebbe un emendament­o al decreto legge 18/20 per garantire ai datori di lavoro agricolo un esonero contributi­vo e a chi beneficia del Reddito di cittadinan­za un prolungame­nto del periodo di percezione pari alla durata del rapporto di lavoro stagionale. Inoltre si potrebbe fare una sorta di call per gli operai in cassa integrazio­ne di altri settori o un reclutamen­to dei disoccupat­i con strumenti che facilitino le assunzioni, come i voucher».

d

Le aziende iniziano a faticare nel trovare ricambi per i lavoratori italiani in malattia o quarantena

Ma questa situazione potrà avere ripercussi­oni sui prezzi?

«Sì. E per evitarle occorre che l’intera filiera fissi regole comuni per un giusto prezzo al consumator­e e un giusto reddito per chi produce».

A proposito di filiera, ma ci sono rischi per la produzione di pasta, visto che parte del grano utilizzato è importato?

«Per quest’anno no. Sempre che riusciremo a raccoglier­lo il grano italiano».

 ??  ?? Chi è
Chi è

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy