A BRUXELLES
La Nota
UNA TRATTATIVA COMPLICATA DAI PREGIUDIZI NORD EUROPEI
I l commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni, ammette di non essere sorpreso dall’atteggiamento delle nazioni del nord nei confronti dell’italia. «È una divisione antica che conosciamo a memoria», dice. Aggiunge di non essere molto ottimista sulla possibilità che la filiera dei Paesi nordeuropei accetti di aiutare i governi bisognosi di un’apertura di credito straordinaria. E non solo perché, come sottolinea il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, «siamo di fronte alla più difficile trattativa che l’italia abbia mai portato avanti a livello di Unione». Sta riemergendo, rafforzato e non ridimensionato dalla pandemia da coronavirus, un radicato pregiudizio dell’«altra Europa».
La durezza con la quale venerdì scorso il capo dello Stato, Sergio Mattarella, si è rivolto alle nazioni nordeuropee inclini a ripiegarsi su se stesse anche economicamente, è stata vistosa. Racchiude l’invito pressante a smetterla di osservare quanto avviene nei Paesi mediterranei, per lo più cattolici, come una fastidiosa anomalia: un peccato originale rispetto alle virtù e alla disciplina finanziaria delle quali ritiene di avere il monopolio l’europa del nord, soprattutto protestante. D’altronde il termine schuld, debito, in tedesco significa anche «colpa», e dunque racchiude un giudizio morale. Sradicare questo approccio, per quanto alimentato in passato dal debito accumulato dai governi italiani, non è facile. Nemmeno un’emergenza come quella del Covid-19 sembra in grado, almeno finora, di rimuovere le diffidenze non solo della cancelliera Angela Merkel ma della sua opinione pubblica e di quella olandese. Né è bastato che i vertici delle istituzioni italiane, ma anche di Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda e altri, sottolineassero l’esigenza di affrontare la situazione usando lenti e schemi nuovi. Additare il rischio di un tramonto dell’ue non è un allarme di maniera. Va al di là del timore, espresso ieri dal premier Giuseppe Conte, di un rigurgito dell’antieuropeismo e di un rilancio dei nazionalismi: con miopia, li stanno alimentando un po’ tutti. I poteri assoluti ottenuti ieri in Ungheria da Viktor Orbàn dicono quale può essere uno degli sbocchi di questa involuzione. In Italia lievita un’insofferenza antieuropea che fa rispuntare i peggiori istinti nella Lega e in alcuni settori del M5S: sebbene le accuse alla latitanza dell’ue e l’invito a Conte a «mordere» l’europa provengano da forze storicamente ostili all’integrazione: le stesse che continuano a evocare problemi di tenuta dell’ordine pubblico. È come se non ci si volesse rendere conto che, nel breve periodo, l’idea di «fare da soli» può prevalere. Ma in prospettiva l’esigenza di azioni concordate a livello almeno continentale diventerà obbligata. Non deriva semplicemente da un dovere di solidarietà tra alleati. L’assistenza tra Stati europei è un fatto di convenienza reciproca, per quanto poco percepita. Senza la consapevolezza del disastro che può materializzarsi a breve, resteranno solo disoccupazione e debito pubblico alle stelle, esorcizzati da demagoghi come Beppe Grillo, col suo «reddito universale per tutti»: un’illusione di benessere che non offre una soluzione ma una dispendiosa fuga dalla realtà.