Corriere della Sera

L’ex ministro: un colpo al cuore l’immagine dei camion

Martina: ho visto andarsene il maestro, il prete, i compagni Ecco la mia Bergamo ferita

- di Riccardo Nisoli

BERGAMO «L’immagine dei camion militari con le bare è stato un colpo al cuore. Ma la ferita è molto più profonda di quel che si vede: i numeri forniti dai sindaci descrivono un disastro senza precedenti». Maurizio Martina, 41 anni, deputato pd che siede nell’esecutivo nazionale, respira tutto il dramma della sua Bergamo: «Ho visto andarsene conoscenti, compagni di partito, il maestro storico del mio paese, il prete degli ultimi, don Fausto Resmini, e tanta gente attiva nel volontaria­to». Blindato in casa, sta incollato al cellulare per rendersi utile: «Stiamo cercando di recuperare saturimetr­i».

Ha visto l’ospedale da

campo alla Fiera? È quasi finito.

«Sì, in meno di due settimane il grido di dolore dei bergamasch­i si è trasformat­o in un’opera di soccorso straordina­ria: 140 posti, di cui 72 in terapia intensiva e gli altri in sub intensiva. Quello che hanno fatto Alpini e artigiani, di cui tantissimi tifosi atalantini, insieme al personale sanitario e ai volontari, rimarrà impareggia­bile».

Cosa dice degli aiuti del governo?

«Bene, andranno rafforzati. Ma non tutte le province sono state coinvolte allo stesso modo. Serve un sostegno straordina­rio per le terre più colpite: Bergamo, Brescia, Cremocampa­nilismo». na, Lodi e Piacenza. Ci batteremo perché questo contributo straordina­rio di emergenza arrivi già nel decreto di aprile».

Si è fatto un’idea del perché Bergamo sia diventata la provincia martire del virus?

«Non ancora, ed è un interrogat­ivo che ci rimarrà addosso per tanto tempo. Qui siamo dinamici e globalizza­ti, grande capacità di muoverci, lavorare. Forse il nostro punto di forza ci ha esposti di più».

L’ospedale di Alzano potrebbe aver fatto da vettore al contagio, con il Pronto soccorso chiuso per Covid19 e riaperto dopo 20 ore senza sanificazi­one. Qualcuno invoca una commissio

ne d’inchiesta, è d’accordo?

«C’è anche il dovere della verifica, certo, ma prima si deve superare la fase critica. In questo momento condivido l’appello di tanti amministra­tori a restare uniti, non dobbiamo distoglier­e l’attenzione dal primo fronte».

Gli ospedali scoppiano, i malati vengono dimessi con la polmonite e il territorio non è in grado di far fronte all’assistenza domiciliar­e. Che fare?

«Abbiamo ospedali d’eccellenza, ma una rete sanitaria territoria­le troppo fragile. Fino a poco tempo fa i medici di base erano considerat­i una categoria superata. L’emergenza ci ha fatto capire che c’è bisogno di una sanità di prossimità non più riconducib­ile solo al grande ospedale».

Ora c’è il problema del ricambio dei medici stremati.

«Bisogna alzare di brutto i meccanismi di solidariet­à fra Regioni. A breve arriverà la seconda squadra di medici della task force di Protezione civile, mi dicono una cinquantin­a. Bergamo deve avere la priorità. Lo dicono i numeri, non il

L’ossigeno c’è, mancano però i contenitor­i.

«Stiamo cercando di rilanciare l’ipotesi operativa di hub territoria­li per l’ossigenote­rapia. A Reggio Emilia, in pochi giorni, ne sono nati 62. A Bergamo, dove pure sono attivi, l’arma dei carabinier­i ha fatto un lavoro grandioso insieme alla Protezione civile e gli amministra­tori locali recuperand­o più di 2 mila bombole in emergenza. Ma è chiaro che dobbiamo mettere a sistema un altro modello: organizzar­e un servizio territoria­le, dall’ossigenote­rapia al ricovero dei malati in casa, per provare a prendere l’emergenza a monte, quindi sul territorio, più che a valle, negli ospedali».

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Gli aiuti del governo andranno rafforzati Non tutte le province sono state coinvolte allo stesso modo, serve un sostegno maggiore a quelle più colpite

Nella sua città

In casa, sta incollato al telefono per rendersi utile: «Ora cerchiamo di trovare saturimetr­i»

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