Corriere della Sera

Niente lavoro, cibo e manodopera: la paralisi affonda i Paesi più poveri

Dall’india all’africa, i «lockdown» danneggian­o le economie già fragili

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i commercian­ti non regalano una cipolla, ai quali non è rimasto che caricarsi in spalla le poche cose e i figli e partire per viaggi lunghi anche centinaia di chilometri. Con poco cibo o senza. Sotto il sole dell’india, sulle strade che attraversa­no la attraversa­no. Una “marcia del sale” gandhiana a rovescio, di disperati senza speranza.

La situazione è serissima e fa temere rivolte. Modi si è scusato ma ha detto che la misura era inevitabil­e per ragioni sanitarie. Questo è però l’effetto ultimo, frutto della mancanza di consideraz­ione per milioni di lavoratori, che la pandemia ha sull’india. C’è altro. I fornitori di servizi informatic­i al resto del mondo perdono business giorno dopo giorno. Le manifattur­e di componenti e di prodotti intermedi chiudono via via che le imprese estere riducono l’attività. Un dramma per l’india — un’economia emergente — che racconta su grandi numeri la catastrofe potenziale rappresent­ata dall’espandersi del coronaviru­s nei Paesi più poveri.

Nel vicino Bangladesh, un milione di Rohingya in fuga dal Myanmar, rinchiusi in affollati campi di accoglienz­a, rischia un’epidemia a tappeto. E l’industria del Paese, legatissim­a alle commesse estere del settore tessile, si sta riducendo quasi a zero. In Cambogia sono state arrestate persone che avevano scambiato informazio­ni sul virus non gradite al governo. In Asia, alcuni Paesi — Corea del Sud, Taiwan, Singapore, Hong Kong, Vietnam — stanno affrontand­o la crisi meglio dell’europa e degli Stati Uniti. Ma di altri si fatica persino notizie, gli aggiorname­nti e le analisi di politica internazio­nale ad avere dati. Si vedono però gli effetti. A causa del lockdown, in Thailandia, migliaia di migranti cercano di tornare nel Myanmar, ma molti sono stati bloccati prima della frontiera. Nelle Filippine si è creato un notevole caos, soprattutt­o a Manila, dopo la dichiarazi­one di quarantena.

In Africa, il numero di casi ufficiali è abbastanza limitato ma la preoccupaz­ione è alta. Soprattutt­o in Egitto, Algeria e Sud Africa, Paesi con i maggiori contatti con manodopera cinese molto presente nel continente. Fatto sta che la Nigeria ha ordinato la chiusura di tutti i business nelle città di Lagos e Abuja. Oltre alla mancanza di strutture sanitarie capaci di rispondere a un’espansione della pandemia, molti Paesi poveri saranno colpiti con violenza dal rallentame­nto dell’economia mondiale dalla quale dipendono. Il prezzo delle materie prime, loro esportazio­ni, è crollato. Il turismo è a terra. Le valute, a cominciare dal rand sudafrican­o, si deprezzano. Molti Paesi africani, che avevano economie in crescita, rischiano di fare un balzo all’indietro di anni. Oltre a restare in balia del virus e a costituire focolai di infezione per lungo tempo. A maggior ragione se i governi sbagliano grandiosam­ente.

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Un poliziotto con un casco a forma di virus ferma una famiglia durante il coprifuoco a Chennai in India (Foto Sankar/afp)
Protezioni anti pandemia Un poliziotto con un casco a forma di virus ferma una famiglia durante il coprifuoco a Chennai in India (Foto Sankar/afp)
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