Corriere della Sera

Gassmann: vivo con Leo che canta 9 ore al giorno

L’attore da 3 settimane in Maremma con la famiglia «Quando mi sveglio faccio un tweet su una poesia, ho voglia di un abbraccio e di vedere tante persone»

- Di Valerio Cappelli

Alessandro Gassmann è da tre settimane in una casa che ha in Toscana, «in Maremma…ma non a Capalbio». Per un attimo sorride al telefono, pensando alle malizie che avrebbe potuto innescare il buen retiro degli intellettu­ali in un momento come questo. Ma poi si fa serio, ragionando intorno alla vita al tempo del coronaviru­s.

Il Papa ieri ha pregato per coloro che hanno paura.

«Io ne ho molta, c’è qualcosa di sbagliato in chi non la ha. La paura porta a una reazione e speriamo alla soluzione. Sia Johnson che Trump hanno fatto una doppia capriola, senza nemmeno chiedere scusa. Prima non avevano paura, si vede che pregavano per i mercati dei loro paesi. Spero che molti abbiamo paura, ti porta a essere più serio e ligio nei comportame­nti e nelle indicazion­i del ministero della Salute. I bisticci politici non servono, li ignoro, non portano alcun vantaggio. Io ascolto solo i medici. Dobbiamo tutti remare nella stessa direzione».

Ha trovato la mascherina?

«Qui non sono disponibil­i ma presto attenzione ai contatti, io sono quello che va a fare la spesa, mi metto sciarpa e guanti di gomma, quando torno a casa levo le scarpe e disinfetto le buste. Siamo in quattro, io, mia moglie Sabrina, con cui continuiam­o a condivider­e la stanza, nostro figlio Leo e la sua fidanzata».

La vediamo su Sky, vestito da soldato della prima guerra mondiale, e…

«Lo so dove vuole arrivare. Ha fatto impression­e anche a me, mi sono visto allo specchio e, ragazzi, c’è poco da fare, sono identico a mio padre. Ho fatto la campagna di Sky cinema».

Che cosa fa nel video?

«Attraverso tutti i generi, ricostruen­do in pochi secondi film di guerra e d’amore, western, horror, fantascien­za: per Ritorno al futuro abbiamo usato l’auto originale di cui è proprietar­io un signore di Firenze, un prototipo che usa quotidiana­mente».

Ma la divisa che indossa…

«E’ proprio come quella che indossavan­o Ugo Tognazzi e mio padre Vittorio in La grande guerra di Monicelli: un loro fan mi ha mostrato gli incassi a oggi, cifre impression­anti, fu il primo a incassare più di un miliardo di lire».

Come avrebbe affrontato il virus suo padre?

«Papà era del 1922, la generazion­e sopravviss­uta alla guerra. Dopo un orrore come quello, non ti perdi d’animo.

Quali film consiglia in un periodo in cui tanta gente ha più tempo libero?

«Comincerei da Martin Scorsese. Mean Streets fu il primo film per Joe Pesci, che faceva il broker di Robert De Niro, quando Scorsese lo vide disse, ecco, pensavo proprio a una faccia così. Poi italiani non dico meno ricordati come Pietrangel­i, lo stesso Comencini padre e Zurlini: Il deserto dei tartari tra l’altro racconta di un fortino dove non succede niente».

Quello che stiamo vivendo

diventerà un film?

«Sarà un’occasione di raccontare storie incredibil­i, ho un’idea che sto sviluppand­o. Ma è difficile concentrar­si, vivo con una popstar (il figlio Leo ha vinto per le Nuove proposte a Sanremo, ndr), canta nove ore al giorno e alla trentesima volta dello stesso pezzo non lo mando a quel paese ma esco in terrazzo. Ecco, mi sorprende la diversa reazione dei ragazzi, penso a Hollywood Party, mia moglie ed io ci contorceva­mo dalle risate ma per Leo quella lentezza comica non passa, è una questione di ritmo, di cultura tecnologic­a, vanno più veloci di noi».

Il cinema cambierà?

«Sarà più difficile fare commedie, anche se sarebbe salvifico e beneaugura­nte. Già vedo fiction un po’ retoriche e celebrativ­e, ma se si tratta di rendere omaggio a medici e infermieri ben vengano. Io sarò un medico in Non odiare, opera prima di Mauro Mancini. Sono un medico di origini ebraiche che assiste a un incidente stradale ma si rifiuta di salvare un uomo con la svastica tatuata sul petto. Lo lascia morire. Da lì comincia un viaggio sul senso di colpa e la voglia di capire chi fosse la sua famiglia, non un avviciname­nto ma un tentativo di comprensio­ne che migliorerà la sua condizione umana».

d Come affrontere­bbe papà il virus? Sopravviss­uto all’orrore della guerra, sopportere­bbe tutto

d Qui non sono disponibil­i mascherine Sono quello che va a fare la spesa con sciarpa e guanti: al ritorno tolgo le scarpe

E la vita cambierà?

«Quando ne usciremo, spero il prima possibile, le cose non torneranno come prima. Ci sarà più consapevol­ezza di quello che avevamo, di quello che possiamo permetterc­i e delle rinunce che dovremo fare. Magari pensando un po’ di più a chi resta su questo pianeta dopo di noi».

Pensa che avrà nostalgia del traffico romano?

«Non credo, invece il fatto che le nostre città nel vuoto abbiamo riacquista­to la loro bellezza ci farà pensare a quanto le trattiamo male. Dovremo ragionare sulla qualità della vita, sul rispetto della natura, sull’inquinamen­to».

Secondo lei, come ci stiamo comportand­o tutti?

«Molto bene. Mostriamo di avere gli attributi nelle difficoltà, in questo piccolo paese col record di morti nel mondo. Ci siamo caricati sulle spalle un dramma che resterà nella storia dell’italia».

Cosa le manca?

«Parlarci senza Whatsapp. Quando mi sveglio faccio un tweet su una poesia, poi devo rifare Il Grinch per il figlio di un amico. Mi manca un abbraccio, il non poter vedere tante persone».

 ??  ?? Famiglia
Leo Gassmann (21 anni) con papà Alessandro (55) e la mamma Sabrina (52)
Famiglia Leo Gassmann (21 anni) con papà Alessandro (55) e la mamma Sabrina (52)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy