La preghiera dei defunti in tv, quella recita che appare stonata
Nel giro di pochi giorni la tv ci ha offerto due modi di concepire la preghiera. Venerdì scorso, Papa Francesco ha pregato solo nella piazza vuota per implorare la fine della pandemia, facendosi interprete dei dolori del mondo e offrirli ai piedi della Croce. Sotto la pioggia, tutto era preghiera. Domenica, a «Live. Non è la d’urso» la conduttrice e Matteo Salvini hanno recitato «L’eterno riposo», la preghiera dei defunti, con una ostentazione quanto meno fuori luogo. Anche perché la preghiera richiede più cuore che lingua.
Non è la prima volta che Salvini usa i simboli religiosi a scopi elettorali. E finora aveva usato il
Coronavirus come una clava per stare sul palcoscenico, facendosi largo tra morti e tragedie. Se Papa Francesco ha suscitato brividi anche nei non credenti, la recita del duo d’urso-salvini è suonata stonata, inopportuna, esibizionistica.
Ne Il silenzio del corpo, Guido Ceronetti scrive: «La preghiera è una guarigione diceva Mohammad secondo Al-bukhari. È profondo che abbia detto guarigione, ed è molto più esatto che guarisce. La preghiera non può guarire, ma è una guarigione; non dà la salute, è la salute». Che salute c’è in quella trasmissione, sempre così sguaiata e caravanserragliesca? Non è certo questo il luogo per interrogarsi sul significato della preghiera, sappiamo solo che nella tradizione spirituale cristiana (cui la D’urso dice di rifarsi), la preghiera è innanzitutto ascolto, bene espressa dalla supplica fatta dal giovane re Salomone che, in risposta all’invito rivoltogli da Dio di chiedergli qualunque cosa, dice: «Donami, Signore, un “lev shomea”, un cuore capace di ascolto» (1Re 3,9).
«Ricorda Signore questi servi disobbedienti alle leggi del branco, non dimenticare il loro volto che dopo tanto sbandare è appena giusto che la fortuna li aiuti, come una svista, come un’anomalia, come una distrazione, come un dovere» (Fabrizio De Andrè, «Smisurata preghiera»).