«Con le chiusure salvate 38 mila vite Infettati 6 milioni»
Le misure di chiusura e distanziamento sociale adottate in Italia dall’inizio dell’epidemia di coronavirus hanno salvato fino a oggi 38 mila vite, riducendo i contagi. Lo stima uno studio dell’imperial College di Londra cofirmato da Neil Ferguson, uno dei più autorevoli epidemiologi al mondo e colui che ha convinto il premier britannico Boris Johnson a passare al lockdown. Dal rapporto, che esamina l’impatto delle misure di contenimento, emerge che le persone infettate dal SARS-COV-2 in Italia sarebbero quasi 6 milioni. Secondo Neil Ferguson e i suoi colleghi circa il 10% della popolazione italiana è stato contagiato, anche se molte persone sono rimaste asintomatiche e non se ne sono accorte. «In tutti i Paesi, si stima che le infezioni rilevate siano di un ordine di grandezza inferiore rispetto alle infezioni effettive, per lo più dovute a infezioni lievi e asintomatiche, oltre che alla limitata capacità di analisi. In Italia i risultati suggeriscono che, cumulativamente, 5,9 [1,9-15,2] milioni di persone sono state infettate al 28 marzo, con un tasso di attacco (medio, ndr) del 9,8% della popolazione» spiega il rapporto. Il dato tra parentesi quadre si riferisce alla forbice tra il dato minimo stimato e quello massimo.
Negli ultimi giorni più esperti hanno valutato i contagiati reali in Italia in milioni: l’analista dell’ispi Matteo Villa con un calcolo «conservativo» stima 1,6 milioni di contagiati (con un’oscillazione tra 1 milione come minimo e 3,6 milioni come massimo). Meno di quanto indicato dall’imperial College ma comunque molto di più dei 105 mila positivi accertati dai tamponi.
Questo non significa che i dati non siano corretti, ma che hanno significati diversi. «I numeri ufficiali fotografano come si stanno riempiendo gli ospedali — spiega Enrico Bucci, biologo, professore aggiunto dell’istituto Sbarro presso la Temple University di Philadelphia —. Si basano sui tamponi che vengono fatti solo alle persone con sintomi gravi o ricoverate».
Sono utili per pianificare la risposta sanitaria, ma non danno le dimensioni reali dell’epidemia, per cui si dovrebbero avere test su tutta la popolazione o su campioni statisticamente significativi. In assenza di tali analisi si usano modelli matematici. Che calcolano gli infetti basandosi su assunzioni giustificate dalle conoscenze disponibili (come il tasso di letalità o quello di trasmissione). «Anche piccole differenze fanno variare enormemente le stime: per questo si ha la forchetta nei dati — dice Bucci —. Ma i modelli dell’imperial College sono ottimi». E c’è consenso tra gli esperti nel valutare i contagiati italiani nell’ordine dei milioni.