Corriere della Sera

«I contagi adesso sono in famiglia» La nuova sfida dei medici di base

È legato ai casi domestici il contenimen­to dell’epidemia La nota riservata in Regione e la mancanza di ossigeno: 20 mila ne hanno bisogno a domicilio in Lombardia

- Sara Bettoni Gianni Santucci gsantucci@corriere.it

Una stima riservata circola negli uffici della sanità in Regione Lombardia. Tra pazienti Covid-19 dimessi dagli ospedali e positivi «sommersi» (quelli che per il sistema sanitario non esistono: mai sono entrati in un reparto e mai gli è stato o gli sarà fatto un tampone, perché in condizioni più o meno serie si stanno «sfangando» il coronaviru­s a casa), sono circa 20 mila i malati che hanno bisogno di ossigeno a domicilio.

E proprio il domicilio, l’appartamen­to, è diventato uno dei principali luoghi di contagio dopo la «blindatura» delle città del 12 marzo scorso. Con 19 giorni di lockdown,e con un tempo di incubazion­e della malattia che arriva a 14 giorni, la domanda è: perché i contagi continuano a salire (ieri più 4 mila)? Perché da pandemia sociale (trasmessa in bar, mezzi pubblici, uffici), Covid-19 è entrata nella sua fase di pandemia familiare. Trasmissio­ne casalinga. Gli asintomati­ci, o le persone che hanno contratto il virus prima delle chiusure, stanno infettando le loro famiglie, come hanno confermato decine di medici di base al Corriere nei giorni scorsi.

Irven Mussi, medico milanese con studio in via Palmanova: «Ora la trasmissio­ne del virus è principalm­ente domestica, uno dei drammi più diffusi. E molti anziani non vogliono andare in ospedale per paura di morire da soli». Secondo Andrea Crisanti, ordinario di Microbiolo­gia e responsabi­le del laboratori­o per i test sul Covid-19 all’università di Padova, «i contagiati reali sarebbero il quadruplo di quelli emersi». Dunque, 100 mila nella sola Lombardia: i «sommersi» in casa, sostengono la diffusione dell’epidemia. «Ognuno di noi ha almeno una decina di pazienti con tosse e febbre sopra i 38 da oltre una settimana — ripetono i medici sul territorio —, il sistema fa di tutto per tenerli lontani dagli ospedali. Ma molti si aggravano. E infettano intere famiglie».

Riflette Massimo Galli, direttore di Infettivol­ogia del Sacco: «Tutti, anche i malati che non andranno nelle strutture ma rimarranno a casa, vanno seguiti. Mi arrivano moltissime mail di cittadini che segnalano problemi e cercano aiuto: una ventina li curo a distanza abitualmen­te. Mi è capitato di dare indicazion­i decisive per un ricovero».

I tempi per la fase di appiattime­nto o flessione della curva dei contagi saranno in gran parte determinat­i dall’evoluzione della malattia nei microcosmi familiari. La pressione dei malati sommersi inizia a sentirsi sulle scorte di ossigeno. In Italia, di media, circa 120 mila pazienti hanno bisogno di terapie con ossigeno a domicilio. Non solo: mentre un paziente con broncopati­a cronica ostruttiva consuma 2-3 litri di ossigeno al minuto, un paziente Covid19 in condizioni serie a casa, o

dopo l’ospedale, ha bisogno di 12 litri al minuto. Un consumo 6 volte maggiore. Fatto il calcolo: i malati di coronaviru­s fuori dagli ospedali, nella sola Lombardia, in questo periodo consumano l’ossigeno che di norma è sufficient­e per tutta Italia.

«Soltanto con l’avanzare dell’epidemia ci si è resi conto — spiega Maurizio Colombo, vicepresid­ente di “Gruppo Sapio”, azienda produttric­e di gas medicali fondata a Monza nel 1922 e con quasi 2 mila dipendenti e 550 milioni di fatturato — che i pazienti hanno bisogno di quantità così elevate di ossigeno anche dopo le dimissioni dall’ospedale. La nostra produzione è attiva 24 ore su 24: la molecola, o il

“farmaco” (la “materia prima”, ndr) non manca, sono le bombole che scarseggia­no rispetto a una necessità esorbitant­e e inedita». L’ossigeno c’è, mancano i contenitor­i per portarlo ai malati. L’autorità sanitaria di Milano ha diffuso una raccomanda­zione ai medici di base: «L’attuale emergenza ha determinat­o importanti carenze di ossigeno gassoso». Dunque: si può prescriver­e solo ai pazienti più gravi. Un confine che molti ritengono «troppo rischioso».

Per recuperare bombole, Sapio ha lanciato la campagna #vuotanonse­rve, che invita a riconsegna­re bombole d’ossigeno dimenticat­e, o che rimangono nelle case. «È un fatto morale — conclude Colombo — qualcuno pensa che potrebbe aver bisogno della bombola in futuro, ma di certo c’è qualcuno che ne ha un estremo bisogno adesso».

Il timore «Molti non vogliono andare in ospedale perché hanno paura di morire da soli»

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(Imagoecono­mica) Consegne Volontari, con il volto coperto da una mascherina, portano la spesa, su un carrello, a casa di chi ne ha fatto richiesta

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