«Il sistema non funziona Abbiamo bisogno di strumenti e protocolli per curare chi è a casa»
«Il numero complessivo dei malati a casa è sconosciuto. Noi medici di base li vediamo. Li seguiamo. Ma mancano due cose fondamentali: i sistemi di protezione per poterli andare a visitare in caso di necessità; e, ormai, anche dei protocolli». Roberto Scarano, medico di base milanese, chirurgo, ha decenni d’esperienza, anche in guardia medica e Pronto soccorso.
Siamo in una «pandemia familiare»?
«In questa fase il contagio sta avvenendo all’interno delle famiglie isolate. Ma ormai sono passati 40 giorni dall’inizio dell’epidemia, se dobbiamo curare i pazienti a casa, non sarebbe utile avere un protocollo? Cure efficaci a domicilio evitano che le persone arrivino in ospedale già in condizioni critiche».
Capita che i malati si aggravino?
«Abbiamo pazienti con la febbre da dieci giorni che i numeri d’emergenza e quelli dedicati al coronavirus rimandano al medico di base anche due o tre volte in una settimana. Dimessi ancora con la polmonite e una saturazione bassissima, altri che saturano a 88-90 (un livello di ossigeno nel sangue ad alto rischio, ndr). Se allertano il sistema, viene loro risposto: “Mi richiami quando respira male”».
L’assistenza a casa non funziona?
«Perché sia efficace davvero dovremmo farla noi, ma con protezioni adeguate, per non rischiare di diventare veicolo di infezione. Alcuni pazienti, malati e terrorizzati, stanno iniziando ad avere una forte rabbia verso i medici».