OPPOSIZIONI ALLA CAMPAGNA ANTI EUROPEA DI PRIMAVERA
Il secondo incontro tra il premier Giuseppe Conte e le opposizioni non nasce sotto i migliori auspici. I segnali che arrivano da Lega e FDI, meno da Forza Italia, in vista del vertice di questa mattina a Palazzo Chigi, lasciano presagire un dialogo formale e insieme teso con il premier. Matteo Salvini e Giorgia Meloni si presentano con una specie di «sindrome Orbán», dal nome del presidente ungherese. Non tanto per i poteri che Viktor Orbán ha appena ottenuto dal suo Parlamento. Piuttosto, per la sfida che lancia alle istituzioni di Bruxelles.
L’ammainabandiera del vessillo dell’ue deciso ieri da sindaci e parlamentari della destra è stato applaudito dai vertici dei partiti. E si è affiancato alle bandiere a mezz’asta in tutta Italia per le vittime del coronavirus. La scelta lascia indovinare una strategia di delegittimazione di Conte come alleato dell’europa «matrigna»; e di scontro più aspro, nella convinzione che comunque un’intesa con i governi alleati avverrà al ribasso. E dunque non basterà a placare le tensioni del «dopo».
Seppure un compromesso dovesse prendere corpo, Salvini e Meloni sembrano orientati a bocciarlo come inadeguato. Le richieste dei «Bot di guerra» salviniani e i «mille euro a chi ne ha bisogno» della presidente di FDI, sono tappe di una campagna di primavera con un doppio obiettivo: mostrare un esecutivo subalterno all’ue; e candidarsi a gestire un’italia che già evocano disastrata e in rivolta: anche se Antonio Tajani, numero due di FI, chiede di «essere uniti per ottenere di più dalla Bce».
Di certo, per puntellare la narrativa catastrofista occorrerà il fallimento delle trattative con l’europa. Ma il numero delle vittime della pandemia, le previsioni sulla