Le tende dei samaritani nel parco più amato di New York
«Ce la stiamo facendo in poco più di 24 ore», mi diceva con orgoglio la coordinatrice di Samaritan’s, Melissa Nystrom. «Abbiamo qui almeno 70 tecnici e volontari. Collaboriamo col Mount Sinai Hospital, ma i materiali sono tutti nostri, compresi i preziosissimi respiratori: ne avevamo una riserva».
Il parco dove i ricchi dell’east Side vanno a passeggiare coi loro cani trasformato in tempio del dolore è una metafora fin troppo facile degli incredibili mutamenti che hanno sconvolto in pochi giorni il mondo. Banale ma vero. di certo lo è per me: questo dell’east Meadow è il prato nel quale, anni fa, venivo a giocare a palla coi miei figli, ancora bambini. Riconosco un sasso sporgente che usavano come palo di un’immaginaria porta. L’altro si faceva appallottolando le felpe. Adesso al posto di quella porta ho visto sorgere la tenda del reparto di rianimazione. Coi tecnici che hanno montato respiratori, monitor, letti, tubi dell’ossigeno.
Il dramma coronavirus sta colpendo New York e l’america in modo sempre più profondo e grave. I titoli di testa vanno alle vite perdute — 3.400 in America a mezzogiorno di ieri, 1.550 a New York. Si fa il parallelo con l’11 settembre 2001: più vite perse che nell’attacco di Al Qaeda alle Torri Gemelle e al Pentagono di Washington.
Fa impressione, ma ha poco senso: con contagi e decessi destinati a crescere in fretta ancora per settimane, presto si faranno paragoni con gli americani caduti in Iraq, Afghanistan, Vietnam. Speriamo non nelle guerre mondiali. Contano di più la diffusione dei contagi, il fatto che tutti ormai hanno amici e parenti ammalati, conoscenti che lottano in ospedale. Anche 3.400 I morti ieri a mezzogiorno in America (1.550 a New York). Più vite perse che nell’attacco di Al Qaeda alle Torri Gemelle e al Pentagono l’11 settembre 2001 1.200 Poliziotti contagiati a New York (erano 300 alla fine della scorsa settimana), mentre quelli bloccati a casa perché in malattia o in quarantena sono 5.600, il 15% dell’organico
Chris Cuomo, popolarissimo conduttore della Cnn, ha il coronavirus. L’altra sera dialogava in diretta col fratello Andrew, governatore di New York, che ironizzava con lui che trasmetteva dallo scantinato di casa. Ieri mattina si è capito perché quando Chris ha dato via tweet la notizia: positivo al test, isolato nel basement da moglie e figli che sono ai piani superiori.
Il governatore, che nelle sue conferenze stampa quotidiane informa, spinge tutti a comportarsi con la massima prudenza, avverte che il peggio deve ancora venire, ma al tempo stesso cerca di sdrammatizzare, è riuscito a ironizzare anche sulla malattia del fratello («Non scende a trovarlo nemmeno il cane») e lo ha pure criticato, usando il suo comportamento come una parabola educativa per tutta la cittadinanza: «Due settimane fa ha fatto venire a