La studentessa di medicina uccisa in casa dal compagno
Messina, lui è un infermiere. Il rettore: «La convivenza forzata aumenta i rischi»
In un rapporto forse avvelenato dalla prolungata convivenza in questa quarantena a tutti imposta, la furia di un ragazzo si trasforma in un gesto mortale. È così che Antonio De Pace, 28 anni, ha strangolato la fidanzata, una aspirante pediatra di 27 anni, Lorena Quaranta: una ragazza prossima alla laurea e innamorata del suo lavoro e un tirocinio portato avanti finché possibile tra i piccoli pazienti del Policlinico, anche estraendo un naso finto o dei giochi per la clown-terapia.
Aspirazioni, gioia di vivere e ricerche soffocate nella palazzina a venti minuti da Messina, a Furci Siculo, dove da ottobre Lorena viveva con il suo assassino, infermiere di
Vibo Valentia che si era iscritto al primo anno di Odontoiatria, forse proprio per non volere essere da meno rispetto a lei.
La notizia echeggia nella città dello Stretto, immediata come quella del tentato suicidio dell’infermiere che, sconvolto e confuso, ha prima chiamato i carabinieri e poi tentato di ferirsi ai polsi e al collo.
Alla base della lite forse qualche sms. Il sospetto di una ipotizzata infedeltà s’aggirava a sera in caserma come possibile scintilla del funesto epilogo.
Rimbalza la notizia a Favara, la città a due passi da Agrigento dove vivono la mamma di Lorena e il papà, Enzo, venditore di auto. Subito in viaggio verso una camera mortuaria dove si spengono le attese di una vita.
È il rettore Salvatore Cuzzocrea a collegare il femminicidio ai possibili effetti della obbligata convivenza: «Un rischio lanciato con i nostri servizi psicologici, con un centro di ascolto per tutti...». Attività seguita dalla professoressa Giovanna Spatari che ricorda Lorena agli esami di Psicologia: «Ragazza brillante. Ma è servito a poco ripetere che le donne in questo contesto sono particolarmente fragili».
Lo dice mentre piange l’allieva il primario di Pediatria, Carmelo Salpietro, che l’aveva voluta accanto ai congressi, relatore della tesi: «Ecco il messaggio in cui mi dice di approfittare della quarantena per la tesi sulle immunodeficienze selettive». Isolamento vissuto nella palazzina con vista sulla costa calabrese dove sono turbate Clara Saccà e le sue due sorelle, figlie del proprietario. Tutte incredule ricordando l’allegria e la spensieratezza, quando il padre, a sua volta morto la settimana scorsa, aveva affittato per l’inverno l’alloggio: «Mai un problema, silenziosi, educati. Ma non ci frequentavamo. Rari gli incontri».
Né i giovani erano ufficialmente noti al Comune, come spiega il primo cittadino di Furci, Matteo Francilia, affranto al telefono con la sindaca di Favara, Anna Alba, pronta a invocare una deroga alle disposizioni antivirus per celebrare i funerali, per l’ultimo saluto.
Gli studi
Lorena Quaranta voleva fare la pediatra La professoressa «Ragazza brillante»