Corriere della Sera

«Burocrazia zero, salvare i cantieri Subito le risorse ai Comuni»

L’imprendito­re delle costruzion­i: «Le aziende stanno fallendo, muoversi subito»

- Di Paola Pica

«Cosa potrebbe fare il governo per far ripartire subito il Paese? Attivare quelle stazioni appaltanti che sono gli 8mila Comuni italiani, conferire ai sindaci un mandato a spendere subito tutte le risorse economiche disponibil­i per riaprire i cantieri. La situazione è disperata e non c’è più tempo da buttare con i burocrati». Gabriele Buia, imprendito­re delle costruzion­i, esponente di quarta generazion­e di una famiglia di Parma, è il presidente dell’associazio­ne di categoria, l’ance. Un mondo fatto di grandi, medie, piccole e piccolissi­me imprese che paga una crisi lunga più di 10 anni con la perdita di un milione di lavoratori con l’indotto, 130mila aziende e le storie drammatich­e di chi è arrivato a togliersi la vita. Tema sul quale Buia è intervenut­o all’assemblea annuale, prima di scrivere una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Nel frattempo, sul settore che rappresent­a quasi un quarto del Pil italiano (il 22%) è arrivato lo tsunami Coronaviru­s ad azzerarne fatturato e salari. Mentre da più parti si guarda a un grande piano di opere pubbliche per sventare il rischio depression­e. «Questo non è il 2008, è un ’29. Se i cantieri non ripartono, molti di essi non riaprirann­o più. E sarà la fine di quasi tutto».

Presidente, proviamo a mettere in ordine priorità e percorsi possibili.

«La prima cosa da fare adesso è mettere in sicurezza famiglie e imprese attraverso le banche, che hanno come non mai un ruolo strategico. I soldi vanno versati sui conti correnti. Non è comprensib­ile che in Svizzera e Germania si acceda agli aiuti in un’ora e in Italia si debba far richiesta con un pin o altre amenità e nemmeno si sa quando i soldi saranno erogati. Contempora­neamente bisogna pensare ad andare avanti e a non fermare del tutto l’economia».

Lei è tra quelli che pensano che il paese debba essere riaperto ad emergenza sanitaria ancora in corso?

«Con le dovute precauzion­i. La miseria il Paese non se la merita e sarebbe una follia, potendo disporre, come disponiamo, di grandissim­e eccellenze e competenze a tutti i livelli. Il mio è solo il parere di un costruttor­e, ma cominciano a esserci più voci autorevoli in questo senso».

E come ci si dovrebbe organizzar­e?

«La gestione dovrebbe essere affidata a due squadre, una dedicata all’oggi. L’altra impegnata a organizzar­e il dopo, l’uscita dalla crisi».

Così non si fermerà la catena dei pagamenti?

«È il grande tema, la filiera che porta fino agli stipendi. Stiamo spendendo in sussidi 25-26 miliardi al mese. Gli aiuti sono necessari, ma poi dobbiamo concentrar­ci sul lavoro e tornare a parlare con forza degli stipendi».

Interessan­te sentire gli imprendito­ri parlare di stipendi. Alcune aziende stanno incentivan­do i lavoratori con aumenti in busta paga.

«Noi siamo stati costretti a chiudere gran parte dei cantieri e a chiedere sacrifici ai nostri dipendenti solo perché non avevamo i dispositiv­i di protezione individual­e. Penso che in questo momento così grave la battaglia di lavoratori e imprendito­ri, specie se piccoli, sia comune».

Quali cantieri riaprire per i primi?

«Strade, scuole, ospedali: il Paese, come sappiamo, ha bisogno di manutenzio­ne da Nord a Sud e in tante situazioni anche della messa a norma degli edifici. C’è bisogno di grandi opere, ma anche di tanti interventi».

La rete dei Comuni come dovrebbe essere attrezzata?

«Il governo dovrebbe porre regole certe e semplici: risorse subito a chi fa partire i progetti entro due mesi, pena la restituzio­ne dei fondi».

Ma come velocizzar­e un settore così burocratiz­zato?

«Il tema è proprio questo. Siamo sfiniti dalla burocrazia: è tutto un “sentito il Mef che verifica con il Mise, ricevuto il parere del Mit” e via dicendo. Senza contare gli innumerevo­li pareri necessari per l’approvazio­ne di un progetto infrastrut­turale. Ma dove vive chi scrive le norme? Lo dice anche Sabino Cassese che la prima zavorra dello Stato è proprio la selva di norme e poteri decisional­i che frena l’economia: se solo il governo avesse il coraggio di ascoltarlo...».

Cosa chiedete nel merito?

«Per attivare subito i Comuni basta un decreto: dobbiamo vincere una guerra. Sul fronte delle leggi, bisogna pensare di alleggerir­e o rimodulare il danno erariale e l’abuso d’ufficio».

Non è pericoloso allentare sul Codice penale ?

«Questi due articoli pendono come una spada di Damocle sui funzionari pubblici. Che alla fine, anche per paura di incorrere nelle sanzioni, fuggono la firma e preferisco­no il non fare. In questa fase di emergenza torniamo al lavoro, in sicurezza sanitaria e con intelligen­za. I controlli vanno fatti a posteriori. E chi ha sbagliato paghi, allora sì le pene devono essere severe. Ma no alla presunzion­e di colpevolez­za».

Resta un settore a rischio infiltrazi­oni?

«Non è con gli orpelli burocratic­i che si evitano le infiltrazi­oni, anzi».

In tema di risorse cosa, o meglio quanto, servirebbe?

«Se si vuole dare la scossa bisogna prima di tutto spezzare l’inerzia della macchina pubblica nell’utilizzo delle risorse disponibil­i».

Disponibil­i?

«Sì, ci sono diversi miliardi in pancia alle stazioni appaltanti comprese Anas e Rfi. La prima, per esempio, lo scorso anno ha utilizzato solo 1,1 miliardi dei 3 a disposizio­ne».

Non pensa che la lunga crisi del settore sconti anche una lentezza a innovare e a diventare sostenibil­e?

«Ecco un altro problema da affrontare: i costruttor­i sono visti come i cattivi cementific­atori? Noi da tempo siamo consapevol­i che è necessario promuovere una piena sostenibil­ità ambientale in un percorso che riguardi anche tutta la manifattur­a. Tutte le nostre proposte vanno in questo senso: senza l’edilizia il Green new deal rischia di rimanere una chimera».

A quante persone dà lavoro il settore?

«Circa 2 milioni, consideran­do l’indotto. Eravamo un popolo di 3 milioni nel 2008. La nostra filiera attiva l’86% dei settori industrial­i italiani. Ecco perché senza di noi la crescita non riparte e sarebbe corretto considerar­ci un settore strategico».

Un’ultima richiesta?

«Il “Corriere” ha oggi la grande responsabi­lità di mettere l’opinione pubblica in grado di capire le dinamiche economiche ma anche aiutare legislator­e a centrare il punto. Ecco, noi abbiamo bisogno di attenzione e di norme dedicate. Per il bene di tutti».

Due squadre

Nel governo ci dovrebbero essere due squadre, una che lavora alle urgenze dell’oggi, l’altra dedicata a ripensare il domani e l’uscita dalla crisi

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Al vertice Gabriele Buia, presidente dell’ance, l’associazio­ne dei costruttor­i e imprendito­re di Parma (Nereo) alla quarta generazion­e

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