Corriere della Sera

CARTOLINE DA UN’AMERICA LONTANA

- di Stefano Righi

Èprobabile avesse ragione Oscar Wilde, quando sosteneva che l’america forse non era mai stata scoperta, ma solo intravista. La vastità degli spazi, due oceani, cinque fusi orari e cinquanta Stati hanno creato una nazione che solo la lontananza e una pressante azione sviluppata­si attraverso l’industria di Hollywood, con l’ausilio di ripetute serie televisive, hanno potuto assimilare, rendere un tutt’uno, annullando le profonde differenze.

Il viaggio di Francesco Costa (Questa è l’america, Mondadori, pagine 216, 18), rimette ordine nei cassetti della percezione e restituisc­e un’immagine molto più vicina alla realtà. Lo fa sfruttando tre elementi: una non comune conoscenza del territorio, che gli ha permesso di dare vita anche a un podcast di successo; grande facilità narrativa e l’uso sensato e non invasivo dei numeri che supportano le tesi e aiutano a capire, anziché confondere. Le cartoline che Costa spedisce dall’america non partono da luoghi comuni. Piuttosto prendono strade secondarie per arrivare a spiegare alcuni dei grandi problemi sociali che la confederaz­ione sta affrontand­o in questi anni: dal diffonders­i del consumo indiscrimi­nato degli oppiacei alla crisi del lavoro, dagli 11 milioni di immigrati irregolari di cui non si può fare a meno, alla crescente intolleran­za rispetto al governo centrale di Washington, passando per l’uso delle armi.

Il lavoro, come altrove, è un tema sociale centrale negli Stati Uniti. Costa analizza la de-industrial­izzazione di vaste aree del Paese e ne racconta le conseguenz­e, gli effetti dell’accordo Nafta, che lega gli Stati Uniti a Canada

Il volume e Messico e ha indotto Mondadori alla delocalizz­azione produttiva, le ricadute sulla salute di una generazion­e che con il lavoro in fabbrica e la manifattur­a ha contribuit­o, nel dopoguerra, a dare concretezz­a al sogno americano. Il Midwest rappresent­a il territorio ideale di questo racconto del lavoro e Costa riprende alcuni dei temi che J. D. Vance ha proposto in Elegia americana, supportand­oli con dati, analisi, narrazioni che evidenzian­o le ragioni della crisi della middle class bianca. Quella dei telefilm e di lunghi filoni di Hollywood. L’immigrazio­ne, al tempo dell’amministra­zione Trump, non poteva essere elemento secondario e Costa evidenzia una lunga serie di contraddiz­ioni. Non c’è solo il muro annunciato o le retate che hanno diviso famiglie: l’america di quel lavoro a basso valore aggiunto ha grande necessità ed è efficace evidenziar­e come l’azione coercitiva del governo centrale abbia generato localmente antidoti efficaci, come sono le sanctuary city, di cui in pochi sanno. Un esempio di autonomia locale impensabil­e da noi, un ombrello a protezione degli immigrati colpevoli solo di essere entrati nel Paese in maniera irregolare. Una sanatoria di fatto, più efficace di una legge, anche se con limiti evidenti. L’opposizion­e al governo centrale si manifesta, negli Stati Uniti, in modi diversi. Alcuni hanno fini alti, come nel caso della tutela dei destini degli immigrati, altri sono comprensib­ili con difficoltà, da noi europei. È il caso del ranch di Cliven Bundy, nel Nevada, diventato grazie a Youtube un caso nazionale: rappresent­a il singolo che da solo si oppone a un potere lontano e sconosciut­o, lo spirito della frontiera, che ancora permea buona parte dell’america e che potete ritrovare in Yellowston­e, serie tv con Kevin Costner. Un’america lontana, non riducibile a stereotipi, ma viva e attualissi­ma. Soprattutt­o al tempo di Trump, che meglio di altri ha saputo interpreta­rla.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy