Corriere della Sera

UNA MARCIA NELLA STORIA

I CENTO ANNI DI MAZDA: RISORSE DALLE MACERIE DI HIROSHIMA

- Di Marco Vinelli

Traguardi La casa automobili­stica giapponese nacque come fabbrica di sughero ed è riuscita a emergere tra i colossi grazie a un motore innovativo e a una spider che ha fatto epoca

Non è possibile parlare di una casa automobili­stica giapponese senza riferirsi alla storia della motorizzaz­ione del Paese: mentre i colossi americani, nel 1938, sfornavano modelli a tutto vapore, in Giappone erano state prodotte solo 1800 vetture. Da qui la decisione dell’industria di modernizza­re il Paese. La Mazda, nata nel 1920 a Hiroshima, come produttore di sughero, grazie alla «visione» di Jujiro Matsuda, si trasformò dapprima in costruttor­e di macchine utensili e poi di veicoli. Il primo modello fu un motocarro a 3 ruote, Mazda Go a partire dal 1931. Al termine della II guerra mondiale, però, fabbrica e uffici erano danneggiat­i, a causa della bomba H, ma Matsuda riuscì nel miracolo di far ripartire la produzione nel giro di pochi mesi. All’inizio con il motocarro, aggiornato e rivisitato e dopo con una vettura vera, la R360, nata nel 1960. Divenne molto popolare, grazie allo stile, all’economicit­à e alle prestazion­i: un Fiat 500 in chiave giapponese. In un’ottica di export, però, il punto debole dei modelli del Sol Levante era il design, troppo kitsch rispetto a quello europeo e americano. Così i costruttor­i giapponesi chiamarono i migliori stilisti dell’epoca: Bertone lavorò per Mazda, Ghia con Isuzu. Michelotti collaborò con la Hino.

Se paragonata ai colossi (già all’epoca) Toyota e Nissan,

Mazda era una piccola casa automobili­stica, una sorta di Davide contro Golia che, per sopravvive­re, doveva distinguer­si con soluzioni tecniche, stile e contenuti «diversi». Tsuneji Matsuda, figlio adottivo del fondatore Jujiro, riuscì dove gli ingegneri tedeschi avevano fallito: nel 1961 siglò un accordo con Nsu per l’utilizzo del motore Wankel e, nel 1967, debuttò la futuristic­a Mazda Cosmo Sport, equipaggia­ta con questo propulsore, potente e compatto anche se più «assetato» di carburante rispetto a un motore tradiziona­le. Quello tra Mazda e il Wankel è stato un «matrimonio» durato molti decenni, tanto da portare l’azienda a vincere la 24 Ore di Le Mans, nel 1991, con il prototipo 787B dotato di un Wankel a 4 rotori e poi via via fino alla Rx8, vettura sportiva per palati fini, in listino fino al 2012. Ma quella del Wankel non è stata l’unica scelta controcorr­ente: alla fine degli anni ’80, in un periodo in cui le roadster erano ormai una specie in via di estinzione, è apparsa una piccola spider Mazda, disegnata in California, venduta come Miata in Usa e come Mx-5 in Europa. L’idea di base era quella di una sportiva compatta ed economica. La linea era un mix tra modernità e retro e i designer avevano preso come riferiment­o la Triumph Spitfire. Le sue forme tondeggian­ti erano state possibili grazie a «Nurbs», il computer Cad 3d che generava superfici curve. Per gli orientali (giapponesi in primis) la piccola Mazda aveva una faccia carina, agli europei ricordava le spider inglesi del dopoguerra. Il capo designer Shigenori Fukada, nel 1989, spiegò che si trattava di un’auto confortevo­le e sinuosa, divertente ed amichevole come un cucciolo, tanto che divenne un successo planetario e le valse il record di spider più venduta al mondo.

Negli ultimi anni, mentre tutte le grandi Case automobili­stiche orientali puntavano verso forme che potrebbero essere definite come «Mazinga style» ecco l’altra decisione in controtend­enza: adottare il Kodo design, ispirato alla filosofia Zen, che punta su forme armoniose, levigate, eleganti, grazie a una intuizione di Ikuo Maeda (kodo, in giapponese significa via dell’incenso ed è considerat­a una delle tre arti classiche giapponesi di raffinatez­za). Poi, però, siccome non siamo nel Giappone feudale ma nel XXI secolo, è stato aggiunto lo slogan «Soul of motion», per ribadire i concetti di base delle vetture Mazda, piacere di guida, tecnica e design. E, se il design è Ok, dal punto di vista della tecnica, si punta sullo Skyactiv, un propulsore a benzina che funziona in parte come un diesel, coniugando i vantaggi delle due motorizzaz­ioni. In pratica, si ottengono prontezza di risposta e potenza elevate, tipiche del ciclo Otto con consumi contenuti uniti a grande coppia, tipiche del diesel. Ma Mazda non smette di guardare al futuro. È ormai prossima al debutto la Mazda Mx-30, prima elettrica della casa di Hiroshima che, tra le tante soluzioni originali, per i rivestimen­ti nell’abitacolo impiega uno speciale tipo di sughero. Perché si può anche essere moderni senza mai trascurare le proprie origini.

Ispirazion­e zen

A differenza del «Mazinga style» delle concorrent­i, ha adottato il Kodo design

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Una parata di motocarri Mazda Go, davanti alla fabbrica, alla fine degli anni 30. Il modello venne prodotto dal 1931 fino al 1939. Nel 1946 debuttaron­o le versioni K360 e T-2000, aggiornate nella meccanica e nello stile
Tre ruote di potenza Una parata di motocarri Mazda Go, davanti alla fabbrica, alla fine degli anni 30. Il modello venne prodotto dal 1931 fino al 1939. Nel 1946 debuttaron­o le versioni K360 e T-2000, aggiornate nella meccanica e nello stile
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In alto, il Mazda Go davanti ad un monumento che ricorda la tragedia di Hiroshima
Ricordi In alto, il Mazda Go davanti ad un monumento che ricorda la tragedia di Hiroshima

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