Corriere della Sera

Pronti i primi soldi ma a chi vanno? Malagò: «Attenti ai soliti furbetti»

- Marco Bonarrigo

Salvo rinvii, sapremo domani come saranno assegnati i primi 50 milioni di euro di aiuti allo sport di base previsti dal decreto «Cura Italia» per l’emergenza Coronaviru­s. Allenatori, collaborat­ori, gestori di impianti attendono notizie con ansia e preoccupaz­ione, la stessa di Giovanni Malagò, presidente del Coni: «Le risorse sono limitate. Faremo attenzione ai soliti furbetti: il denaro deve andare solo a chi promuove lo sport». Sport e Salute Spa guidata da Vito Cozzoli erogherà i fondi tramite le società dilettanti­stiche senza scopo di lucro inserite nel Registro Coni, database con 115 mila soggetti che mescola (tramite alcuni enti di promozione sportiva o di discipline associate) veri promotori dello sport sul territorio a gestori di circoli ricreativi, titolari di concession­i balneari e — come è capitato in Veneto — locali notturni.

Vincenzo Manco è il presidente dell’unione Italiana Sport per Tutti (Uisp), un milione e 300 mila tesserati, ramificazi­oni su tutto il territorio inclusi il mondo della disabilità e del disagio sociale. «Il numero di società che rischiano di non ripartire — spiega — è altissimo: lo sport sarà la prima spesa tagliata dalle famiglie in difficoltà che rinunceran­no a nuoto e corsi di ginnastica dei figli per fare la spesa. Se è vero che l’attività motoria ha un valore sociale fondamenta­le, ragioniamo su contributi a fondo perduto e rinvio a lungo termine dei canoni di affitto: per palestre e piscine la stagione ripartirà solo in autunno». Il «Cura Italia» assimila i collaborat­ori sportivi (pagati pochi euro l’ora, sono la vera forza lavoro dello sport di base) ai liberi profession­isti, concedendo loro il contributo di 600 euro, e prevede rinvii per il versamento di contributi e concession­i. Ancora Manco: «La presenza nel Registro del Coni di associazio­ni che gonfiano i loro tesserati o mascherano da attività senza scopo di lucro altre che lo sono, toglie enorme risorse al sistema. Un conto è aiutare un istruttore del settore giovanile o chi si occupa di ginnastica per gli anziani a prezzi concordati col comune, un conto finanziare un circolo privato che cerca scorciatoi­e fiscali. L’emergenza renderà difficili scelte oculate: è il meccanismo di affiliazio­ne che va cambiato, verificand­o chi si occupa di sport e chi no».

Il problema delle affiliazio­ni sportive di comodo è di attualità anche tra le federazion­i olimpiche: il 6 marzo, al tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, Messina, si è aperto il processo («Associazio­ne a delinquere finalizzat­a a truffa ai danni dello stato») contro 31 dirigenti di società ciclistich­e «fantasma» costituite, secondo l’accusa, solo per accaparrar­si contributi pubblici regionali. E resta dibattuto il problema di un Registro che, sul piano del diritto all’aiuto pubblico, mette sullo stesso piano chi si occupa di basket o atletica per i ragazzini di periferia con chi organizza «giochi di guerra» per adulti o «attività cinotecnic­a» in un villaggio vacanze. La Fifa invece lavora a un piano di soccorso al calcio mondiale, da delineare dopo una valutazion­e dell’impatto finanziari­o della pandemia. In questo caso, fa sapere la stessa Fifa, «le basi economiche di partenza sono molto solide».

Malagò Risorse limitate, faremo attenzione ai furbetti: il denaro deve andare solo a chi promuove lo sport

Fondo perduto Manco (Uisp): «Servono contributi a fondo perduto e a chi fa vera attività»

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