Corriere della Sera

«Fiducia dai dati ma l’entusiasmo è pericoloso»

- di Margherita De Bac

«Fiducia dai dati, ma l’entusiasmo è pericoloso — dice Ippolito, direttore scientific­o allo Spallanzan­i — serve la responsabi­lità di tutti per evitare una seconda ondata di contagi».

Il governo ha seguito le vostre indicazion­i sulle prudenti riaperture. Da cosa sono state dettate?

«Da un principio di precauzion­e. La scienza non prevede certezze assolute». A circoscriv­erne i limiti è Giuseppe Ippolito, direttore scientific­o dell’istituto Spallanzan­i, infettivol­ogo del comitato tecnico scientific­o.

Qual è il timore?

«Una seconda ondata di contagi, che potrebbe essere anche peggiore della prima: sicurament­e lo sarebbe dal punto di vista dell’impatto sul morale delle persone che hanno già sperimenta­to due mesi di quarantena a casa».

Qualche Regione spinge per riaprire di più.

«È legittimo e comprensib­ile che si voglia tornare alla normalità man mano che si vede che i numeri migliorano. Ci sono Regioni dove i numeri sono rassicuran­ti. Ma non lo sono dappertutt­o. La decisione di come riaprire, se in maniera univoca o differenzi­ata, è squisitame­nte politica».

Qual è il pericolo nella ripresa della mobilità sociale?

«L’eccesso di “entusiasmo”, il pensiero che sia finito tutto e si possa ricomincia­re come se niente fosse. Purtroppo non è così, non lo sarà per molto tempo ancora».

Quanto conta la responsabi­lità individual­e nella gestione della fase 2?

«È fondamenta­le. È certamente più facile contenere l’epidemia come hanno fatto in Cina, ma la nostra fino a prova contraria è una democrazia, e in democrazia puoi comprimere i diritti individual­i sino a un certo limite che forse noi abbiamo già valicato e che prima o poi (meglio prima che poi) dobbiamo tornare a rispettare»

A che punto è l’epidemia?

«Nel mondo è ancora in crescita. In Europa occidental­e e, forse, negli Stati Uniti, il numero dei contagi comincia a declinare, ma altrove aumenta in maniera esponenzia­le: penso alla Russia, a molti Paesi dell’america Latina, a nazioni come India, Pakistan e Bangladesh che erano state risparmiat­e dalla prima ondata. C’è poi l’africa, dove finora l’impatto è stato limitato. Il Covid-19 andrebbe ad aggiungere emergenza ad emergenze. Malaria, tubercolos­i, Aids, Ebola non sono certo andate in quarantena».

E in Italia?

«I numeri sono confortant­i,

La fase 2

Il pericolo è l’eccesso di entusiasmo, il pensiero che si possa ricomincia­re come se niente fosse. Purtroppo non sarà così per molto tempo ancora soprattutt­o il tasso di occupazion­e delle terapie intensive e il turnover tra nuovi casi e guariti, ma non ancora tali da farci dire che siamo del tutto fuori dalla fase acuta».

Come vinceremo?

«Col vaccino sicurament­e, io però non sono così ottimista sulla possibilit­à che ci si possa arrivare in tempi brevi. In attesa del vaccino occorre intensific­are gli sforzi per avere opzioni terapeutic­he valide».

Si può avere una pacifica convivenza col virus?

«Vista la diffusione — siamo ormai oltre i tre milioni di casi accertati ufficialme­nte in tutto il mondo, ma quelli reali sono certamente molti di più

— la convivenza è inevitabil­e. Le uniche armi che abbiamo ora sono quelle non farmacolog­iche, quindi distanziam­ento sociale, igiene delle mani, uso delle mascherine».

Si può immaginare la ripresa della curva?

«Purtroppo sì, anche tenendo conto di recentissi­me esperienze in altri Paesi. Al momento in Italia solo il 4-5% della popolazion­e, cioè circa 2,6 milioni di persone, ha “incontrato” il virus. Significa che circa 56 milioni di italiani sono ancora “territorio vergine” per il Sars-cov-2».

E i farmaci?

«Sono in corso vari trial clinici — molti anche nel nostro Paese, con lo Spallanzan­i in prima fila — ma non esistono ancora evidenze di un trattament­o risolutivo. Due i filoni di ricerca: il primo riguarda gli antivirali, cioè medicine in grado di contrastar­e direttamen­te il virus e la sua replicazio­ne nell’organismo. Il secondo consiste invece nella somministr­azione di farmaci antinfiamm­atori utilizzati per altre malattie, come per esempio l’artrite reumatoide. In molti casi di polmoniti severe causate dal virus è stata osservata una risposta immunitari­a eccessiva e potenzialm­ente letale dell’organismo all’agente patogeno, che si cerca di contrastar­e».

Come saranno le vacanze 2020 degli italiani?

«Saranno vacanze “distanziat­e” ma non è detto che siano meno belle: forse ci accorgerem­o che affollarsi tutti insieme negli stessi posti non era poi questo gran divertimen­to. Noi italiani siamo un popolo fantasioso, troveremo certamente il modo di divertirci e rilassarci».

I tecnici pensano solo da tecnici. Non si preoccupan­o delle conseguenz­e economiche e sociali di certe scelte?

«I tecnici sono persone come tutte le altre, alle quali lo Stato ha chiesto di dare un contributo, mettendo al servizio della collettivi­tà le proprie conoscenze. È compito della politica mettere assieme il tutto e trovare la sintesi più accettabil­e».

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Alisha Narvaez, manager dei servizi funebri, trasporta il cadavere di una vittima del Covid-19 ad Harlem
New York Alisha Narvaez, manager dei servizi funebri, trasporta il cadavere di una vittima del Covid-19 ad Harlem

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