«Fiducia dai dati ma l’entusiasmo è pericoloso»
«Fiducia dai dati, ma l’entusiasmo è pericoloso — dice Ippolito, direttore scientifico allo Spallanzani — serve la responsabilità di tutti per evitare una seconda ondata di contagi».
Il governo ha seguito le vostre indicazioni sulle prudenti riaperture. Da cosa sono state dettate?
«Da un principio di precauzione. La scienza non prevede certezze assolute». A circoscriverne i limiti è Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’istituto Spallanzani, infettivologo del comitato tecnico scientifico.
Qual è il timore?
«Una seconda ondata di contagi, che potrebbe essere anche peggiore della prima: sicuramente lo sarebbe dal punto di vista dell’impatto sul morale delle persone che hanno già sperimentato due mesi di quarantena a casa».
Qualche Regione spinge per riaprire di più.
«È legittimo e comprensibile che si voglia tornare alla normalità man mano che si vede che i numeri migliorano. Ci sono Regioni dove i numeri sono rassicuranti. Ma non lo sono dappertutto. La decisione di come riaprire, se in maniera univoca o differenziata, è squisitamente politica».
Qual è il pericolo nella ripresa della mobilità sociale?
«L’eccesso di “entusiasmo”, il pensiero che sia finito tutto e si possa ricominciare come se niente fosse. Purtroppo non è così, non lo sarà per molto tempo ancora».
Quanto conta la responsabilità individuale nella gestione della fase 2?
«È fondamentale. È certamente più facile contenere l’epidemia come hanno fatto in Cina, ma la nostra fino a prova contraria è una democrazia, e in democrazia puoi comprimere i diritti individuali sino a un certo limite che forse noi abbiamo già valicato e che prima o poi (meglio prima che poi) dobbiamo tornare a rispettare»
A che punto è l’epidemia?
«Nel mondo è ancora in crescita. In Europa occidentale e, forse, negli Stati Uniti, il numero dei contagi comincia a declinare, ma altrove aumenta in maniera esponenziale: penso alla Russia, a molti Paesi dell’america Latina, a nazioni come India, Pakistan e Bangladesh che erano state risparmiate dalla prima ondata. C’è poi l’africa, dove finora l’impatto è stato limitato. Il Covid-19 andrebbe ad aggiungere emergenza ad emergenze. Malaria, tubercolosi, Aids, Ebola non sono certo andate in quarantena».
E in Italia?
«I numeri sono confortanti,
La fase 2
Il pericolo è l’eccesso di entusiasmo, il pensiero che si possa ricominciare come se niente fosse. Purtroppo non sarà così per molto tempo ancora soprattutto il tasso di occupazione delle terapie intensive e il turnover tra nuovi casi e guariti, ma non ancora tali da farci dire che siamo del tutto fuori dalla fase acuta».
Come vinceremo?
«Col vaccino sicuramente, io però non sono così ottimista sulla possibilità che ci si possa arrivare in tempi brevi. In attesa del vaccino occorre intensificare gli sforzi per avere opzioni terapeutiche valide».
Si può avere una pacifica convivenza col virus?
«Vista la diffusione — siamo ormai oltre i tre milioni di casi accertati ufficialmente in tutto il mondo, ma quelli reali sono certamente molti di più
— la convivenza è inevitabile. Le uniche armi che abbiamo ora sono quelle non farmacologiche, quindi distanziamento sociale, igiene delle mani, uso delle mascherine».
Si può immaginare la ripresa della curva?
«Purtroppo sì, anche tenendo conto di recentissime esperienze in altri Paesi. Al momento in Italia solo il 4-5% della popolazione, cioè circa 2,6 milioni di persone, ha “incontrato” il virus. Significa che circa 56 milioni di italiani sono ancora “territorio vergine” per il Sars-cov-2».
E i farmaci?
«Sono in corso vari trial clinici — molti anche nel nostro Paese, con lo Spallanzani in prima fila — ma non esistono ancora evidenze di un trattamento risolutivo. Due i filoni di ricerca: il primo riguarda gli antivirali, cioè medicine in grado di contrastare direttamente il virus e la sua replicazione nell’organismo. Il secondo consiste invece nella somministrazione di farmaci antinfiammatori utilizzati per altre malattie, come per esempio l’artrite reumatoide. In molti casi di polmoniti severe causate dal virus è stata osservata una risposta immunitaria eccessiva e potenzialmente letale dell’organismo all’agente patogeno, che si cerca di contrastare».
Come saranno le vacanze 2020 degli italiani?
«Saranno vacanze “distanziate” ma non è detto che siano meno belle: forse ci accorgeremo che affollarsi tutti insieme negli stessi posti non era poi questo gran divertimento. Noi italiani siamo un popolo fantasioso, troveremo certamente il modo di divertirci e rilassarci».
I tecnici pensano solo da tecnici. Non si preoccupano delle conseguenze economiche e sociali di certe scelte?
«I tecnici sono persone come tutte le altre, alle quali lo Stato ha chiesto di dare un contributo, mettendo al servizio della collettività le proprie conoscenze. È compito della politica mettere assieme il tutto e trovare la sintesi più accettabile».