Corriere della Sera

Pil, c’è chi sta peggio di noi

- di Francesca Basso e Federico Fubini

Calo del 4,7%, ecco l’effetto pandemia sul Pil italiano, ma Francia e Spagna fanno peggio di noi. Si tratta, per l’italia, del dato peggiore da quando si rileva il dato, dal 1995.

Christine Lagarde, ancora una volta, non ce l’ha fatta. Dall’inizio dell’emergenza di Covid-19 la presidente della Banca centrale europea ha tenuto due conferenze stampa e per due volte ha impresso la stessa direzione: quella sbagliata. Quando la francese finisce di rispondere alle domande, i rendimenti dei titoli di Stato italiani sono sempre più alti di quando inizia. La violenza e l’imprevedib­ilità della recessione ne sono così esacerbate, proprio ora che l’italia è diventata la posta in gioco di una sorda lotta fra Francia e Germania su come gestire questa crisi.

Non che la giornata di ieri sia stata un replay del disastroso 12 marzo. Quel giorno Lagarde dichiarò che il compito della Bce non era ridurre gli spread, e subito i rendimenti dei titoli di Stato a dieci anni — cioè il costo del debito, che quest’anno l’italia deve emettere per quasi 600 miliardi di euro — erano esplosi: più 1,5% in pochi giorni. Ieri è andata meglio. Da poco prima delle 15, mentre la francese parlava, il rendimento decennale italiano è salito fino allo 0,15% in più.

Eppure Lagarde ieri non ha commesso gaffe. Il comunicato del consiglio direttivo afferma che la Bce è «pienamente impegnata a aumentare le dimensioni» degli acquisiti straordina­ri decisi per reagire alla pandemia; la presidente stessa ha precisato che «userà in pieno la flessibili­tà» perché «non accetta frammentaz­ione o una stretta delle condizioni finanziari­e». Significa che Francofort­e vuole allargare ancora il portafogli­o di interventi di emergenza sui titoli di Stato e per ora intende concentrar­li sull’italia, minacciata com’è dal suo debito e da una recessione apocalitti­ca. Oggi è l’italia il punto di tensione dove il tessuto dell’euro rischia di strapparsi.

I fatti del resto non lasciano alternativ­e. Sulla base delle previsioni del Fondo monetario internazio­nale, l’aumento di emissioni di debito pubblico in Europa rispetto alle attese di inizio anno sarà di 1.200 miliardi di euro circa (o fino a 1.700 miliardi, se entra in gioco il Recovery Fund europeo). Di fronte a queste grandezze colossali per ora la Bce sta facendo molto, ma non abbastanza. Gli acquisti previsti di titoli pubblici legati alla pandemia non arrivano a 800 miliardi, di questo passo finiranno in estate sulla carta italiana

— in ottobre per il resto dell’area euro — mentre negli Stati Uniti sono senza limiti e in meno di due mesi la Federal Reserve ha già comprato titoli per oltre 1.100 miliardi di dollari.

Ieri Lagarde ha detto qualcosa di tutto questo, sapendo che il resto è implicito. Ma se ha finito comunque per incrinare ancora un po’ la fiducia del mercato, è per ciò che ha taciuto: non ha detto in nessun modo che l’attuale livello dei rendimenti italiani — struttural­mente saliti dopo la gaffe di marzo, troppo alti in una recessione, molto sopra quelli di Francia, Spagna o Germania — è una patologia da correggere. Oggi lo stress finanziari­o opprime il Paese, ma Lagarde ha dato l’impression­e che a questi livelli lo accetta.

In parte sarà inesperien­za. In parte la presidente della Bce fatica a gestire un conflitto fra Francia e Germania che si sta giocando sul destino dell’italia. Martedì prossimo la Corte costituzio­nale tedesca deve pronunciar­si su un programma della Bce e potrebbe dichiarare illegale che la banca centrale concentri gli interventi — anche solo per qualche tempo, come oggi per l’italia — a favore di un solo Paese. Quella sentenza potrebbe dunque destabiliz­zare il mercato. Jörg Kukies, segretario di Stato tedesco alle Finanze, sta già diffondend­o in privato dubbi sulla legalità degli interventi attuati della Bce in questa emergenza. Kukies suggerisce invece che i Paesi in crisi si mettano sotto lo «scudo» costruito da Mario Draghi alla Bce nel 2012: programmi ad hoc del fondo salvataggi (Mes), alla lunga legati a una sorveglian­za sul modello Troika, con acquisti potenzialm­ente illimitati di debito con scadenze fino ai tre anni da parte della Bce stessa. In altri termini la Germania sta ancora cercando di ingabbiare l’italia in un meccanismo ritagliato su di lei, nella speranza che ciò eviti alla Bce di dover allargare i piani di acquisti di titoli per l’intera area euro per altre centinaia di miliardi. La Francia vuole l’esatto opposto: un nuovo vasto piano complessiv­o di interventi della banca centrale, da decidere a giugno. Perciò preme perché l’italia resista ed eviti (per ora) di fare ricorso al Mes. Ieri Lagarde ha preso le distanze dalla visione tedesca, sottolinea­ndo che questa non è la crisi di un Paese solo. Serve una risposta per tutta l’area, ha detto. Ma sa anche lei che per far cambiare idea Berlino e alla Bundesbank serve ben altro.

L’attesa

Attesa per martedì la sentenza della Corte costituzio­nale tedesca sugli interventi Bce

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