La città cinque anni fa: tutti in festa per Expo
«Siam pronti alla vita, l’italia chiamò». L’expo di Milano si prese la licenza di modificare l’inno di Mameli affidandosi alle voci bianche e ai volti sornioni dei Piccoli Cantori di Milano: era cinque anni fa, come oggi. Il Primo maggio 2015 con quel coro si aprirono i cancelli dell’evento destinato a cambiare il volto della città facendola conoscere al mondo non solo per le eccellenze già note, ma anche per la capacità di organizzare ed essere efficienti. Una festa di popolo che avrebbe portato 21 milioni di visitatori, sette dall’estero. In quei sei mesi di esposizione Milano si era mostrata accogliente, aperta, capace di garantire ordine e sicurezza. E dopo un inizio in sordina, già da giugno si era capito che la scommessa sarebbe stata vinta. Tutti ricordiamo le immagini di quelle code clamorose agli ingressi, le sette ore di attesa per visitare il padiglione del Giappone o salire sulla rete del Brasile, il Lobstersandwich diventato il Gronchi rosa della ristorazione, il fiume di selfie scattati davanti allo spettacolo di musica, acqua e luci dell’albero della Vita. Neppure il caldo di un’estate straordinariamente afosa aveva fermato i visitatori e gli scontrini dei ristoratori meneghini avevano segnato incassi record. Cinque anni dopo, Milano è stranamente silenziosa. La coda non è più la calca festosa per visitare il Padiglione Zero, ma la mesta attesa per entrare al supermercato tenendo un metro di distanza, mascherina e guanti. I bar e i ristoranti sono chiusi e si teme per la sopravvivenza degli esercizi commerciali e per la tenuta dei posti di lavoro. Milano pare smarrita ed è difficile oggi immaginare che si potranno rivedere quelle scene. Bisogna prima uscire dall’emergenza sanitaria, bisogna evitare una crisi economica e sociale e bisogna tornare ad essere fiduciosi e ottimisti. Risentire quell’inno alla vita, un pochino, aiuta.