Il richiamo di Mattarella: subito aiuti a famiglie e imprese
Il presidente della Repubblica: serve una leale collaborazione tra le Istituzioni e responsabilità dei cittadini. Lavoro ed economia cambieranno
Siamo al conto alla rovescia. Lunedì scatta la ripartenza (parziale, non un «liberi tutti») dell’italia, e Sergio Mattarella indirizza al Paese un memorandum che contempla un avvertimento di fondo e tre nodi da sciogliere subito. L’avvertimento è il cuore, diciamo pure filosofico, del suo messaggio del Primo maggio, e riguarda le ansie della gente di qui al post epidemia.
Ci aspetta un futuro nuovo — spiega — in cui nulla sarà più come prima. Bisogna pensarci già adesso e usare «la battuta d’arresto» che abbiamo sofferto «per accelerare la strada verso un cambiamento che sappia valorizzare e non subire fenomeni come la globalizzazione e la digitalizzazione dell’economia con scelte lungimiranti». Per cui, sapendo che «molto cambierà nella vita delle società», dovremo «governare il cambiamento per affrontare ritardi antichi, come quelli del lavoro per i giovani e le donne, specie al Sud, come il lavoro nero o irregolare da far emergere». E nella «riprogettazione» il ruolo degli imprenditori (piccoli e medi, partite Iva e grandi industrie) «appare centrale, insieme a quello del mondo della ricerca».
È un’incitazione al realismo e alla capacità di essere artefici del nostro destino, quella che lancia il presidente della Repubblica. Il quale usa questa premessa per scendere in un’analisi del travagliato tempo presente, che vede tanti italiani in difficoltà. Certo, sembra finalmente possibile «un graduale superamento delle restrizioni», il che ci permette di «guardare già alla ripresa». Ed è proprio a questo scatto in avanti che, secondo l’agenda d’impegni presi dal governo, «vanno indirizzati, in modo concorde, gli sforzi di tutti, senza distrazioni o negligenze».
Il riferimento del capo dello Stato è ovviamente al clima di continue e paralizzanti tensioni politiche. Vanno sgombrate — insiste — perché se vogliamo «consolidare i risultati ottenuti finora nella lotta al virus», serve un «equo, efficace e tempestivo sostegno alle famiglie e alle attività produttive, a quanti sono rimasti disoccupati e senza reddito». Basta, insomma, con la politica degli annunci. Vanno sciolte le pastoie della burocrazia e sbloccati i fondi promessi. Con urgenza. Ecco la precondizione indicata da Mattarella.
Indispensabile per «conservare tutte le risorse del nostro capitale sociale e consentire di far sopravvivere» (espressione indicativa del bivio drammatico davanti a cui ci troviamo, ndr) «e far compiere un salto di qualità all’organizzazione delle imprese e all’offerta di servizi, con scelte avvedute, nella consapevolezza che sono destinate a incidere sulla qualità della vita di ciascuna famiglia».
Non basta. Per non rendere vani i sacrifici compiuti «senza esser costretti a passi indietro», sono necessarie «condizioni di crescente serenità». Compito della politica costruirle, attraverso «un responsabile clima di leale collaborazione tra le istituzioni e nelle istituzioni». E qua non servono doppi livelli di lettura per capire quel che intende il presidente. Allude agli sconcertanti scontri tra Regioni e governo e tra governo e Parlamento, su cui si incattivisce il nostro innato spirito di fazione. Un sabotaggio di fatto a quello sforzo di unità nazionale da lui più volte invocato come «indispensabile» per evitare il collasso del sistema.
Si rischia il marasma, è il suo sottinteso. Perciò, mentre chiede a Palazzo Chigi «indicazioni ragionevoli e chiare» sui comportamenti collettivi da tenere, Mattarella si rivolge ai cittadini. Che non possono delegare sempre tutto allo Stato. Il passaggio del guado dipende anche dalla «spontanea capacità di adottare comportamenti coerenti, nella comune responsabilità di sicurezza per la salute». E qui anche i più refrattari alle regole dovrebbero aver capito l’antifona.