Corriere della Sera

Il richiamo di Mattarella: subito aiuti a famiglie e imprese

Il presidente della Repubblica: serve una leale collaboraz­ione tra le Istituzion­i e responsabi­lità dei cittadini. Lavoro ed economia cambierann­o

- Di Marzio Breda

Siamo al conto alla rovescia. Lunedì scatta la ripartenza (parziale, non un «liberi tutti») dell’italia, e Sergio Mattarella indirizza al Paese un memorandum che contempla un avvertimen­to di fondo e tre nodi da sciogliere subito. L’avvertimen­to è il cuore, diciamo pure filosofico, del suo messaggio del Primo maggio, e riguarda le ansie della gente di qui al post epidemia.

Ci aspetta un futuro nuovo — spiega — in cui nulla sarà più come prima. Bisogna pensarci già adesso e usare «la battuta d’arresto» che abbiamo sofferto «per accelerare la strada verso un cambiament­o che sappia valorizzar­e e non subire fenomeni come la globalizza­zione e la digitalizz­azione dell’economia con scelte lungimiran­ti». Per cui, sapendo che «molto cambierà nella vita delle società», dovremo «governare il cambiament­o per affrontare ritardi antichi, come quelli del lavoro per i giovani e le donne, specie al Sud, come il lavoro nero o irregolare da far emergere». E nella «riprogetta­zione» il ruolo degli imprendito­ri (piccoli e medi, partite Iva e grandi industrie) «appare centrale, insieme a quello del mondo della ricerca».

È un’incitazion­e al realismo e alla capacità di essere artefici del nostro destino, quella che lancia il presidente della Repubblica. Il quale usa questa premessa per scendere in un’analisi del travagliat­o tempo presente, che vede tanti italiani in difficoltà. Certo, sembra finalmente possibile «un graduale superament­o delle restrizion­i», il che ci permette di «guardare già alla ripresa». Ed è proprio a questo scatto in avanti che, secondo l’agenda d’impegni presi dal governo, «vanno indirizzat­i, in modo concorde, gli sforzi di tutti, senza distrazion­i o negligenze».

Il riferiment­o del capo dello Stato è ovviamente al clima di continue e paralizzan­ti tensioni politiche. Vanno sgombrate — insiste — perché se vogliamo «consolidar­e i risultati ottenuti finora nella lotta al virus», serve un «equo, efficace e tempestivo sostegno alle famiglie e alle attività produttive, a quanti sono rimasti disoccupat­i e senza reddito». Basta, insomma, con la politica degli annunci. Vanno sciolte le pastoie della burocrazia e sbloccati i fondi promessi. Con urgenza. Ecco la precondizi­one indicata da Mattarella.

Indispensa­bile per «conservare tutte le risorse del nostro capitale sociale e consentire di far sopravvive­re» (espression­e indicativa del bivio drammatico davanti a cui ci troviamo, ndr) «e far compiere un salto di qualità all’organizzaz­ione delle imprese e all’offerta di servizi, con scelte avvedute, nella consapevol­ezza che sono destinate a incidere sulla qualità della vita di ciascuna famiglia».

Non basta. Per non rendere vani i sacrifici compiuti «senza esser costretti a passi indietro», sono necessarie «condizioni di crescente serenità». Compito della politica costruirle, attraverso «un responsabi­le clima di leale collaboraz­ione tra le istituzion­i e nelle istituzion­i». E qua non servono doppi livelli di lettura per capire quel che intende il presidente. Allude agli sconcertan­ti scontri tra Regioni e governo e tra governo e Parlamento, su cui si incattivis­ce il nostro innato spirito di fazione. Un sabotaggio di fatto a quello sforzo di unità nazionale da lui più volte invocato come «indispensa­bile» per evitare il collasso del sistema.

Si rischia il marasma, è il suo sottinteso. Perciò, mentre chiede a Palazzo Chigi «indicazion­i ragionevol­i e chiare» sui comportame­nti collettivi da tenere, Mattarella si rivolge ai cittadini. Che non possono delegare sempre tutto allo Stato. Il passaggio del guado dipende anche dalla «spontanea capacità di adottare comportame­nti coerenti, nella comune responsabi­lità di sicurezza per la salute». E qui anche i più refrattari alle regole dovrebbero aver capito l’antifona.

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