Per atterrare su Marte ci vorrà «Ingenuity»
Elogio dell’ingegno con una radice di ingenuità, «che consente alla gente di realizzare cose strabilianti e ci permette di estendere l’orizzonte fino ai limiti dell’universo». In una storia che è un manifesto americano, a dare il nome al primo elicotterino della Nasa che in estate atterrerà su Marte è una ragazzina di origine indiana, Vaneeza Rupani, allieva di una scuola superiore sperduta nell’alabama. «Ingenuity», che non è «naivety» ma che sarebbe comunque guardato con sospetto nel Vecchio smaliziato mondo euroasiatico e che invece è il motore puro dell’eternamente Nuovo Continente: «L’ingegno candido e la genialità della gente che lavora sodo per vincere le sfide dei viaggi interplanetari — ha scritto Vaneeza dalla Contea di Tuscaloosa, nella sua proposta — è quel che ci dà la possibilità di sperimentare le meraviglie dell’esplorazione dello spazio». L’amministratore della Nasa, Jim Bridenstine, si è congratulato con la ragazzina: «C’è voluto parecchio lavoro duro e “ingenuo” (in questo caso usa deliberatamente ingenous: più che ingegnoso è innocente, ndr) per realizzare questo elicottero e ancora molto ce ne vorrà». Senza scoraggiarsi: l’agile Ingenuity (1,8 chili di velivolo) accompagnerà in ricognizione su Marte il rover (sorta di macchinina telecomandata) che coerentemente è stato battezzato da Alex, studente della Virginia, «Perseverance»: perseveranza. Vaneeza, nel mentre — nella foto occhialuta in cui mostra la «sua» creatura —, è diventata il piccolo idolo della comunità locale, elogiata dal senatore dell’alabama Richard Shelby («Che onore!»). E ha rilasciato un commento degno della sua età: «Fico far parte di tutto questo». La missione rientra in un progetto più ampio di navigazione spaziale che nelle previsioni della Nasa (cavalcate anche dalla politica, Trump in testa) dovrebbero portare nel 2024 alla prima donna sulla Luna.