Corriere della Sera

SCELTE (E DOVERI)

- Di Antonio Polito

Ci siamo. Tra ventiquatt­ro ore arriva il congiunto. Si tratterà della svolta finora più grande di questa crisi. Almeno dal punto di vista psicologic­o. Milioni di persone usciranno dall’isolamento domestico per incontrare un parente, un «affetto stabile», un cugino di sesto grado, forse un amante, ma non un amico. Per i single, in particolar­e, sarà una festa. È l’inizio di un «new normal», l’alba di una ritrovata socialità.

Però il ritorno del libero arbitrio, anche se in dosi minime, porterà con sé inevitabil­mente nuovi dilemmi morali, obbligando­ci a scelte di vita che spettano solo a noi, e non all’ufficio legislativ­o di Palazzo Chigi.

La prima delle quali è: quale congiunto? Deve infatti essere uno alla volta, escluse riunioni sociali, pranzi e cene. A chi concederem­o il bene della nostra vista? Perché di vista solo si tratta. E qui arriva il secondo dilemma. Si sente dire: ma se non ti posso abbracciar­e, che ci vediamo a fare? Può sembrare eccessivo, ma molti soffrono del «complesso dell’appestato». Si offendono se notano che li tieni a distanza, o che indossi in fretta e furia la mascherina quando s’avvicinano. Un caso particolar­mente delicato si presenta per il primo incontro tra nonni e nipoti: un gruppo di volontari della Protezione civile ha già messo in rete un dettagliat­o vademecum. Ma sarà dura anche per le coppie che si rincontran­o dopo lunga separazion­e: una congiunzio­ne a distanza potrebbe non bastare. Alcuni metteranno alla prova la profondità platonica dei loro amori. Altri confidano nel rilassamen­to della macchina repressiva dello Stato, segnalando­si l’un l’altro con complicità il titolo di un quotidiano: «Niente controlli in casa: i comportame­nti sono lasciati allo scrupolo dei singoli». Bontà loro.

Ma un dilemma è tale proprio perché distingue tra comportame­nto morale e comportame­nto legale. Alla legge si può aderire per pura convenienz­a o timore della punizione, ma anche per convinzion­e. E allora, che cosa deve fare un cittadino dotato di senso etico?

I fautori del non rispettare alla lettera regole troppo complicate e astruse per poter ingabbiare la complessit­à e le sfumature della vita reale, hanno buoni argomenti: dopo due mesi di lockdown c’è stanchezza e talvolta un senso di ribellione verso un clima di controllo sociale esasperato, che ha compreso perfino inviti alla delazione. In queste settimane si è intravista, accanto alla sacrosanta preoccupaz­ione per la salute pubblica, anche qualche utopia di palingenes­i della specie umana, magari gestita dall’alto, come se una sorta di Big Brother potesse in fondo renderci migliori. E poi: visto che durerà, e tra qualche mese saremo anche più a rischio dopo le riaperture di uffici e negozi, che facciamo, non ci abbracciam­o mai più?

I sostenitor­i della regola si rifugiano dietro una serie di certezze che non hanno, e che comunque non dipendono da loro: prima o poi arriverà il vaccino, il test, il tampone di massa, la app, sapremo, saremo tracciati, e se immuni potremo di nuovo toccarci. Ma sono un po’ come i pareri degli esperti: più auspici che speranze. A rifletterc­i bene, si può concludere che l’unico argomento veramente razionale per rispettare questa singolare mole di norme è l’imperativo categorico kantiano: agisci in modo che la massima della tua volontà possa valere come principio universale. Ovvero: fa’ quel che devi, augurandot­i che tutti lo facciano.

Siamo infatti nella tipica situazione in cui, seguendo la lezione del filosofo tedesco, dobbiamo obbedire alla norma anche se e quando fosse ingiusta. E questo perché abbiamo bisogno di una norma anche più che della sua effettiva efficacia, perfino indipenden­temente dal suo esito e dal nostro interesse. L’assenza della legge, in queste condizioni, manderebbe infatti in frantumi l’intero sistema sociale, e quella stessa libertà che ci è giustament­e così cara sarebbe continuame­nte esposta al rischio di essere violata dal comportame­nto sbagliato di altri (basti pensare a un «positivo» irresponsa­bile o a chi privilegi il profitto alla sicurezza). A causa della «insocievol­e socievolez­za» del genere umano, Kant arrivava a dire che perfino il dispotismo sarebbe meglio dell’anarchia. Non ci spingiamo a tanto: si può ritenere che, per quanto abbia deliberato troppo spesso a porte chiuse, il comitato di salute pubblica che ci governa da due mesi non abbia violato la Costituzio­ne. Il dispotismo è un’altra cosa. E in ogni caso disporremo prima o poi dell’arma del voto per

Norme troppo complicate Bisogna rendere più chiaro lo scopo delle regole e affidarsi al senso di responsabi­lità

giudicare: in una società liberale non c’è bisogno di disobbedir­e per dissentire.

Piuttosto, dovremmo smettere tutti, governanti e governati, di fare tanto affidament­o su norme talmente dettagliat­e da rivelarsi sempre più inadeguate a regolare la vita, man mano che questa ricomincia. Il nostro è purtroppo il Paese delle pandette, in cui serve una circolare interpreta­tiva anche per spiegare che cosa voglia dire «congiunti» o «passeggiat­a»; un Paese con una produzione legislativ­a record in Europa, perciò restio ad affidarsi a sistemi e codici di autoregola­mentazione, nei quali lo Stato fissa solo le regole generali e gli individui e i gruppi sociali le applicano secondo la loro responsabi­lità.

Nella recente produzione sconfinata di circolari e ordinanze, statali e regionali, si è intravista la stessa concezione del rapporto con il cittadino/suddito che spesso lamentiamo per le norme fiscali. Molto meno si è prodotto per offrire servizi pubblici e soluzioni alternativ­e a chi torna al lavoro da domani, e capisce da solo che è pericoloso salire su un bus affollato.

Forse si può avere più fiducia negli italiani. Finché hanno capito che cosa andava fatto e perché, si sono infatti comportati correttame­nte senza neanche tante misure repressive. Si potrebbe dunque tentare una «fase due» creativa: render più chiaro qual è lo scopo finale che si propone ai cittadini, e affidarsi di più al loro senso di responsabi­lità e ai loro imperativi categorici.

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