Lite sulle seconde case
Speranza e Boccia frenano gli «aperturisti» Il Veneto: riavviare tutto. Ancora lite con la Calabria E in Liguria nasce un fronte dei sindaci contro Toti
Dietro le incertezze sull’avvio della fase 2 ci sono le tensioni tra il «partito» delle riaperture e quello del rigore, anche all’interno della stessa maggioranza. C’è anche il pressing delle Regioni. Così resta, per ora, il divieto di raggiungere le seconde case.
Sì, no, forse. Giorni di dubbi e interrogativi e finalmente ieri, dopo ore di lima e di bianchetto, da Palazzo Chigi arrivano i chiarimenti tanto attesi. Le risposte alle domande frequenti apparse a metà pomeriggio sul sito del governo svelano l’enigma dei congiunti, cade l’obbligo dell’autocertificazione e gli italiani che hanno la fortuna di possedere una seconda casa già pregustano il weekend. Finché il gomitolo appena districato di nuovo s’ingarbuglia. Chi sperava di andare a trovare un amico dovrà rinunciarvi e chi programmava qualche giorno al mare o in campagna nella dimora di famiglia dovrà avere un valido motivo per farlo. Dietro le incertezze sull’avvio della fase 2 ci sono le tensioni tra il «partito» delle riaperture e quello del rigore, che sottotraccia continuano a duellare dentro la maggioranza.
Quando Roberto Speranza ha letto le interpretazioni che i siti e le agenzie di stampa davano delle «Faq» di Palazzo Chigi non credeva ai suoi occhi. Quell’elenco sterminato di parenti e affini e, ancor più, l’idea che negli «affetti stabili» potessero rientrare anche gli amici, ha fatto sobbalzare il ministro della Salute, che ascolta gli scienziati e teme una seconda ondata. Speranza, come Dario Franceschini, Francesco Boccia e altri esponenti del governo, avrebbe tenuto le maglie più strette ed è questo il motivo per cui a sera la presidenza del Consiglio chiarisce che «relazione stabile affettiva non sono gli amici». Quanto alle seconde case, Giuseppe Conte aveva deciso di aprire, ma Speranza si è opposto e ha ottenuto il chiarimento del chiarimento: «Spostarsi alla seconda casa non è una necessità».
La fase 2 inizia con qualche intoppo anche sul fronte del rapporto con le Regioni. Luca Zaia in Veneto smentisce contrapposizioni con il governo, però rivendica il «gioco di squadra» con gli altri presidenti e dice che «le ordinanze dei governatori vanno ad interpretare norme che avevano bisogno di essere interpretate».
Scontro aperto in Calabria, dove la presidente Jole Santelli, forte del «contagio zero» raggiunto ieri, mantiene l’ordinanza di apertura di bar e ristoranti impugnata come illegittima dal governo. «L’italia è profondamente diversa non solo per numero di contagi ma anche per realtà economiche — scolpisce su Twitter la governatrice —. Il governo riapre la grande industria manifatturiera che in Calabria non c’è. La nostra economia si basa su altro e va tutelata con urgenza». Il Partito democratico insorge. I Cinque Stelle minacciano di rivolgersi alla Procura se aumenterà il contagio. E in Liguria lo spettro del «caos normativo» è tutto interno: 81 tra sindaci e consiglieri liguri, da Scajola a Pastorino, scrivono una lettera di protesta a Giovanni Toti in cui chiedono di «non procedere oltre con proprie autonome ordinanze».
Le tensioni
La governatrice: «Ora riparte la manifattura, ma in Calabria non c’è, per noi serve altro»