Corriere della Sera

LA MAPPA MENTALE

- Di Ilaria Capua

Ci siamo quasi, la riapertura è alle porte. Immagino che ci si senta travolti da un’energia potente: quella della libertà. Il coronaviru­s ci ha tolto la libertà senza dircelo. Non eravamo stati avvertiti che di punto in bianco le nostre abitudini ordinarie sarebbero diventate meraviglio­se e straordina­rie. Buffo che il normale diventi straordina­rio.

Succede anche in molti altri casi, ma di certo succede quando parliamo di salute. La salute è un bene che si apprezza quando non c’è. Vuol dire che quando stai male davvero, capita che non riesci a fare una cosa che tutto sommato noi diamo sempre per scontata. Respirare, per esempio. È brutto avere l’affanno e solo in quel momento ti rendi conto che di solito — ovvero quando non ci pensi — stai dando per scontata una delle cose più necessarie e vitali. Respirare. Quindi quando fai la vita di tutti i giorni e stai bene (o abbastanza bene) non sei consapevol­e che proprio quello star bene è il risultato di infiniti processi che funzionano (abbastanza) in armonia. Ma adesso siamo spaventati, non sappiamo bene cosa fare, come giudicare i provvedime­nti restrittiv­i rispetto ad atteggiame­nti meno restrittiv­i. In fondo in fondo, stringi stringi, prima che il pensiero si trasformi in azione si passa per la strettoia: ma io questo lo faccio o non lo faccio?

Per cercare di garantire che quei milioni di processi di cui sopra rimangano armonici e ci permettano di stare bene al punto tale da fare tutto quello che facevamo prima. Bisogna che ognuno di noi si faccia un bell’esame di coscienza e valuti come può comportars­i per ridurre il contagio a se stesso e agli altri, contribuen­do ancora ad appiattire la curva.

Di cosa c’è bisogno? Di consapevol­ezza. Di consapevol­ezza su come ognuno può contribuir­e a rallentare il contagio e a proteggere le porzioni della popolazion­e più a rischio di sviluppare la forma grave. E di una nuova mappa mentale per orientarsi nella propria vita, nei propri percorsi di ogni giorno. Ognuno di noi deve immaginare quali sono i comportame­nti da evitare a partire dal rimanere a casa se non ci si sente tanto bene (e qui mi riferisco soprattutt­o ai tanti pendolari giornalier­i e settimanal­i) al non promuovere e allo scoraggiar­e raggruppam­enti di persone che possono passarsi l’infezione in maniera efficace. Insomma, muoversi un po’ di meno, muoversi in maniera intelligen­te. Essendo consapevol­i che Covid-19 può essere completame­nte asintomati­co anche in noi stessi e che quindi possiamo essere anello di congiunzio­ne fra mondi paralleli come le case di riposo.

La vera sfida sarà di essere capaci di riorganizz­are la nostra vita intorno a delle nuove priorità che il Covid ci ha rivelato. Io credo che la priorità sia di tenere le persone fuori dalle terapie intensive, e sappiamo benissimo chi ha più probabilit­à di cadere perché i fattori di rischio sono noti: incremento della letalità con l’età e in concomitan­za di altre patologie o disfunzion­i. Di certo dovremo continuare a lavarci le mani e a stringerce­le un po’ di meno. Si può proteggere la salute pubblica e salutare lo stesso in modi diversi: ad esempio con il sorriso. Perché siamo liberi.

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