Corriere della Sera

5 Stelle, su Autostrade e reddito di cittadinan­za nuove frizioni con i dem

- Di Emanuele Buzzi

MILANO Una spada di Damocle chiamata Matteo Renzi e tante piccole tensioni sotterrane­e a partire dalla concession­i autostrada­li: sono queste le spine nel fianco del Movimento. C’è chi come la ministra Fabia Dadone cerca di minimizzar­e, bollando la presa di distanza di Italia viva come «l’ennesimo penultimat­um» di Renzi e sostenendo che «il governo sulle azioni è compatto», ma lo spettro di uno strappo nel Movimento è percepito come una possibilit­à tangibile. «Se

Chi è

Renzi decide di uscire dalla maggioranz­a — ragiona un big Cinque Stelle —, se ne deve assumere le responsabi­lità di fronte al Paese. Di certo noi non lo faremo passare da martire. Può raccontare quello che vuole, ma la gente non è stupida». Parole che fanno capire quanto il clima sia rovente nella maggioranz­a di governo. I pentastell­ati — guidati dal reggente Vito Crimi — attendono le mosse del senatore toscano e intanto proseguono il braccio di ferro nell’esecutivo su altri tavoli.

Anche con il Pd non mancano le frizioni. E non solo però per quello che riguarda le norme del dl aprile, ma anche su ripartenza, reddito di cittadinan­za e infrastrut­ture. A preoccupar­e i Cinque Stelle è speciale mente l’ultimo punto. Perché tra i temi di contrasto c’è quello delle concession­i autostrada­li. Visto anche il crollo dei pedaggi negli ultimi mesi — raccontano le indiscrezi­oni — la ministra alle Infrastrut­ture Paola De Micheli

starebbe frenando e non poco sulla revoca delle concession­i autostrada­li. Anzi, c’è chi parla di volontà di mantenere lo status quo, anche se — raccontano i ben informati — la linea della ministra dem dovrebbe ancora trovare la sponda del suo stesso partito. Una posizione comunque inaccettab­ile per il Movimento, che ha fatto della revoca una battaglia di principio fin dal giorno della tragedia di Genova dell’agosto 2018.

Con De Micheli i rapporti rimangono tesi anche per i piani di rilancio legati alle infrastrut­ture. Da un parte la ministra vorrebbe ripartire con bandi e gare per una serie di opere da selezionar­e, «una quindicina». Il M5S invece preme per utilizzare i fondi già stanziati per Anas e Rfi, una cifra superiore ai 100 miliardi e applicando alle opere il «modello Genova» per accelerare

I nodi

● Il Movimento 5 Stelle ha diversi fronti aperti con gli alleati di governo

● Con il Pd c’è contrasto sulla revoca delle concession­i autostrada­li

● Con Italia viva c’è differenza d’opinione sui tempi di ritorno alla normalità post virus le procedure dei lavori. I tempi? Una finestra di tre anni e come commissari gli amministra­tori delegati delle due società.

Visioni diverse sulla ripartenza, che accompagna­no anche la «fase due». I pentastell­ati invocano cautela e hanno in mente un piano dettagliat­o, graduale, che tenga conto delle aree più colpite dal contagio. L’ultimo scontro, invece, riguarda il reddito di cittadinan­za. E va al di là della cornice del dl aprile. Il Movimento — anziché varare misure emergenzia­li per il coronaviru­s a sostegno delle fasce sociali più deboli — spinge per ampliare la platea di chi può accedere del reddito di cittadinan­za. «Sarebbe il modo più veloce e semplice di intervenir­e», dicono nel M5S. Ma la proposta lascia a dir poco tiepidi i dem.

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● Vito Crimi, 48 anni, viceminist­ro dell’interno, capo politico del M5S

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