Corriere della Sera

«Il premier ora decida Pensi all’economia o farà a meno di noi»

Renzi: temo la decimazion­e delle donne che lavorano

- Di Maria Teresa Meli

Senatore Matteo Renzi, al Senato ha lanciato un penultimat­um?

«Era un appello. Ho chiesto a Conte di decidere. Tocca a lui, non a noi. Durante la fase 1, quella della paura, il premier ha rassicurat­o gli italiani. Ora siamo fuori dall’emergenza. Le terapie intensive — l’indicatore del rischio collasso ospedalier­o — sono a quota 1.500 su diecimila posti disponibil­i. Dobbiamo allora ripartire perché ogni giorno di ritardo provoca licenziame­nti e fallimenti. Ripartire in sicurezza, ma ripartire. E sono terrorizza­to che ci sia una decimazion­e delle donne che lavorano: i figli a casa sono un problema per la società, non solo delle mamme. Qualcuno dovrà pur dirlo. Il mio appello a Conte è semplice: decidi. Se il premier sceglie il populismo, farà a meno di noi. Se sceglie la politica seria, ci saremo. Tocca a lui, non a noi decidere».

Si spieghi meglio.

«Se dici che ci sono 400 miliardi di liquidità per le imprese, poi ci devono essere davvero. Altrimenti aumenta il numero dei like su Facebook ma crolla il numero degli occupati. Sblocchiam­o i cantieri fermi, che cubano oltre cento miliardi: questa è la priorità, non i Dpcm che danno ai poliziotti la verifica sui fidanzamen­ti. Non possiamo diventare uno stato etico dove le Faq sul sito di Palazzo Chgi spiegano chi puoi incontrare e chi no e diventano fonte normativa: è una questione sostanzial­e di democrazia. Vogliamo sbloccare i cantieri, non controllar­e le autocertif­icazioni. Offriamo serietà. Ma vogliamo serietà. Altrimenti ci sostituisc­ano: per Italia Viva i principi valgono più delle poltrone».

Il virus potrebbe tornare...

«Sì, probabilme­nte in autunno.

dLe parole su Bergamo Ho detto che la gente di Bergamo è gente che lavora sodo, che non molla mai, che merita di essere onorata ripartendo. Tuttavia se qualcuno si è sentito offeso, me ne dolgo E nel caso dovremo essere più bravi di come siamo stati a febbraio nell’isolare il singolo focolaio. Non tutta l’italia. Dobbiamo essere pronti. Ma il fatto che esista tale rischio non può farci chiudere in casa impauriti fino al vaccino. Dobbiamo convivere con il virus. E non possiamo farci governare dalla paura».

Ma Iv non aprirà una crisi ora?

«La crisi c’è già, ma è economica, non politica. Ci sono due Italie. Chi ha un posto di lavoro sicuro, soffre gli effetti della quarantena, è preoccupat­o, vive con dolore. Ma va avanti perché alla fine del mese ha uno stipendio garantito. Poi ci sono milioni di italiani, commercian­ti, piccoli imprendito­ri, operai, partite iva, profession­isti che sono disperati perché sommano ai timori del virus l’angoscia dello stipendio. Iv chiede a Conte di occuparsi di loro, non di noi».

La fase 2 ha un avvio lento: è il primato della scienza sulla politica?

«Siamo al paradosso. Per anni i populisti hanno attaccato i virologi, definiti “schiavi delle lobby dei vaccini”. Oggi invece chiedono loro persino di combattere la disoccupaz­ione

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