Corriere della Sera

Al vertice delle carceri il pg di Reggio

Travolto dalle polemiche si dimette Basentini. Il Guardasigi­lli nomina Petralia alla guida del Dap

- Di Giovanni Bianconi

Prima le rivolte, con morti e feriti; poi le scarcerazi­oni, comprese quelle di qualche famoso boss di mafia e camorra, con annesse polemiche; ora il cambio al vertice dell’amministra­zione. Il terremoto coronaviru­s continua a provocare conseguenz­e nelle prigioni italiane fino travolgere il capo del Dipartimen­to Franco Basentini, dimessosi il primo maggio. Al suo posto il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che l’aveva scelto a giugno 2018, ha nominato una coppia di magistrati dalla chiara e decisa impronta antimafia: Dino Petralia, fino a ieri procurator­e generale di Reggio Calabria, sarà il nuovo responsabi­le affiancato, come vice, da Roberto Tartaglia, già pubblico ministero a Palermo, che ha preso servizio ieri.

Un’operazione d’immagine, oltre che di sostanza, per spazzare via le accuse rivolte al Guardasigi­lli di aver in qualche modo agevolato la liberazion­e di nomi grandi e piccoli del crimine organizzat­o. Ma a parte le strumental­izzazioni politiche, con la sua doppia mossa Bonafede tenta di porre rimedio a una gestione che durante i suoi due anni di guida del ministero di via Arenula si può forse riassumere in una parola: sottovalut­azione. Sia di ciò che bolliva nel grande calderone delle carceri italiane; sia del sovraffoll­amento, che aveva riportato la popolazion­e detenuta alle soglie dei numeri sanzionati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; sia di ciò che l’emergenza Covid poteva provocare in un universo chiuso come quello penitenzia­rio (l’altro ieri c’è stato il terzo detenuto morto per il virus, oltre a 2 medici e 2 agenti).

La decisione di affidarsi a

Petralia e Tartaglia, infatti, mira a un governo meno burocratic­o dell’amministra­zione penitenzia­ria, e più attento alle dinamiche interne a un mondo fatto non solo dei circa 53.000 reclusi (a fronte di 47.000 posti disponibil­i; a inizio emergenza erano oltre 61.000) ma anche di quasi 40.000 uomini e donne della polizia penitenzia­ria, personale amministra­tivo, operatori, volontari e molti altri impegnati a garantire applicazio­ne delle pene, rispetto delle regole e diritti dei detenuti.

«Le polemiche sono strumental­i e totalmente infondate ma fanno male al Dipartimen­to», aveva detto Basentini annunciand­o le dimissioni dopo il clamore suscitato dagli arresti domiciliar­i concessi al camorrista Pasquale Zagaria, anche per la mancata risposta del Dap alle richieste del tribunale di sorveglian­za per trovare una diversa collocazio­ne al detenuto malato.

Prima di approdare a Reggio Calabria nel 2017, Dino Petralia,

palermitan­o di 67 anni, ha svolto la sua carriera di magistrato in Sicilia; da Trapani, dove lavorò con Gian Giacomo Ciaccio Montalto (ucciso dalle cosche nel 1983) e Carlo Palermo (vittima di un attentato nel 1985) a Sciacca, da Marsala a Palermo, dove è diventato procurator­e aggiunto nel 2013. Prima, dal 2006 al 2010, è stato componente del Consiglio superiore della magistratu­ra, eletto nelle liste del Movimento per la giustizia, fondato tra gli altri da Giovanni Falcone. In quell’esperienza e poi negli uffici che ha guidato ha dato prova di capacità managerial­i che gli saranno utili nel nuovo incarico.

Oltre che di mafia, s’è occupato di corruzione soprattutt­o quando, a Palermo, ha guidato il pool dei reati contro la pubblica amministra­zione. Nel quale cominciò a lavorare, appena sbarcato a Palermo da Napoli dov’è nato 38 anni fa, Roberto Tartaglia, passato successiva­mente alle indagini su Cosa nostra prima di essere nominato, un anno fa, consulente della commission­e parlamenta­re antimafia. Ora Petralia avrà nuovamente al suo fianco Tartaglia. Ancora per occuparsi di boss, ma non solo. Perché l’universo carcerario non si riduce ai «41 bis» e al crimine organizzat­o.

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