DAI PRIVATI
i figli fino a due, anche tre anni. Vedevo quei poveri seni piagati a cui attingevano bambini già formati che da noi si nutrirebbero già di pappine e carne tritata. Poi, interrogando queste donne, ho capito il segreto di quegli allattamenti prolungati. Le madri cercavano di tenere al petto i propri figli perché nel momento che dal latte materno passava all’acqua, un bambino su tre moriva per infezioni sensibili agli antibiotici di cui però non disponevano.
«L’acqua — scrive Molinari — è, nell’indifferenza globale, in testa alla macabra graduatoria dei decessi». E poi ci ricorda che lui e la sua associazione hanno denunciato la «criminale selezione che avrebbe comportato la privatizzazione dell’acqua. La gente lo capì e votò per la nazionalizzazione delle utenze idriche». Ma purtroppo, nonostante il voto favorevole, come spesso succede in Italia, si è lasciato la gestione di una buona porzione delle riserve idriche ai privati, i quali non hanno affatto rimediato alla perdita del 60 per cento del liquido prezioso che passa in tubi fatiscenti mai sostituiti.
«La cultura della privatizzazione ha devastato la democrazia e tutto ciò che è pubblico, creando quello che De Rita (Censis) ha definito: la dittatura dell’io».
La forza delle multinazio
nali ha vinto ancora una volta? In teoria ha vinto l’opinione pubblica, ma subito dopo si è fatto un decreto, la legge 112 del 2008 che ammetteva la possibilità di lasciare in alcuni casi la gestione ai privati. «Così, fatta la legge, si è trovato l’inganno per aggirarla».
Oggi in Italia ci sono tre tipi di servizi idrici: quelli pubblici , quelli misti e quelli privati. Una grande confusione che non permette un intervento comune sulla gestione delle acque nazionali. «Il cementato cresce al ritmo del 15% all’anno e i rifiuti tossici vengono bruciati ancora in molte parti del Paese con conseguenze sulla salute dei cittadini. Siamo in braghe di tela per i tagli alla spesa pubblica, per le privatizzazioni sanitarie, per i brevetti sui farmaci e i costi imposti dalle multinazionali: né più né meno come per l’acqua potabile, per la siccità, il clima e il dissesto ambientale. Siamo tutti interconnessi e l’idea che chiudendo i rubinetti ci teniamo l’acqua per noi, è una utopia oltre che una forma di stupido egoismo».
A questo punto, vista la pessima situazione, la domanda è: ma allora, come possiamo rimediare? La risposta: «Bisogna trovare un accordo fra associazioni, sindacati, movimenti culturali e sociali di uomini donne, come in un nuovo Forum Mondiale, non per fare la sommatoria dei contenuti congeniali a ciascuno, ma per decidere pochi obiettivi fondamentali: il diritto alla vita di tutti gli esseri viventi, una distribuzione più giusta dei beni essenziali, fra cui prima di tutto l’acqua, rispetto e cura dell’ambiente la cui salute ci riguarda tutti, come questo virus che non conosce frontiere né classi ha dimostrato».