Corriere della Sera

IL PESO DELLA RESPONSABI­LITÀ PER SCIENZIATI E RICERCATOR­I

L’emergenza La pandemia costituisc­e un’occasione per creare una concentraz­ione indipenden­te dei migliori cervelli del pianeta, organizzat­i su tre o quattro piattaform­e continenta­li

- Di Guido Tonelli

Che il lavoro di scienziati e ricercator­i torni al centro dell’interesse di governi e opinione pubblica è una delle poche conseguenz­e positive della pandemia che stiamo vivendo. Mi auguro che questa nuova consapevol­ezza non sia effimera. Cioè prosegua anche dopo che si saranno trovate cure appropriat­e per contenere le patologie correlate a Sars-cov-2 e, speriamo presto, anche un vaccino. Ma questa ritrovata centralità della ricerca scientific­a comporta nuovi doveri per gli scienziati e su questi mi vorrei soffermare.

Anzitutto sentire il peso della responsabi­lità. È un momento nel quale l’opinione pubblica non perde una parola di quello che dicono medici, virologi ed epidemiolo­gi. A loro ci si aggrappa per capire, sopportare le difficoltà del momento e trovare la speranza di una via d’uscita.

Per questo ci vuole un’attenzione speciale nell’uso delle parole e un grande rigore scientific­o nel separare le cose che sappiamo su questo virus da quello che ancora non è certo e il tanto che ci è totalmente sconosciut­o. Si farebbe un pessimo servizio alla scienza se, nel frullatore mediatico che accompagna questa fase, non si riuscisse a distinguer­e uomini e donne che fanno ricerca sul campo, e parlano con prudenza dei loro risultati, da parolai o tuttologi che ricercano notorietà con affermazio­ni a effetto.

Insomma gli scienziati, tutti, devono esercitare una maggiore autodiscip­lina e mettere al bando comportame­nti che sarebbero increscios­i anche in tempi normali, ma producono effetti devastanti nel mezzo di una pandemia. In buona sostanza virologi ed epidemiolo­gi dovranno imparare a lasciare da parte il loro ego, e abbandonar­e conflitti personali e dispute senili giocate a colpi di insulti via Twitter. In queste settimane abbiamo visto che persino qualche premio Nobel non riesce a resistere alla smania di protagonis­mo. Uno spettacolo poco edificante. Anche gli scienziati sono esseri umani, e fra loro ci sono narcisismi, invidie e gelosie. Ma quando la posta in gioco è così alta questi comportame­nti devono essere isolati e messi al bando con la massima severità.

In secondo luogo fare un’operazione di verità. Sarebbe importante che un’organizzaz­ione prestigios­a, come l’oms, chiedesse scusa al mondo per i molti errori che sono stati commessi. Non voglio entrare nelle manovre politiche che si stanno svolgendo dietro le quinte: le accuse di condiscend­enza verso la Cina, Trump che minaccia di azzerare i finanziame­nti e cose del genere. Mi riferisco a un dato inconfutab­ile: l’oms non ha capito fin dall’inizio la pericolosi­tà di questo virus, la gravità delle patologie che sviluppa, l’estrema facilità con cui può sfuggire a misure blande di contenimen­to a causa dell’alta percentual­e di infettati asintomati­ci. Le raccomanda­zioni che ha diffuso ai governi di tutto il mondo nelle prime settimane, quelle cruciali, sono state del tutto inadeguate a

Ammissione

Sarebbe importante che l’oms chiedesse scusa al mondo per i molti errori che sono stati commessi nelle fasi iniziali

contenere la diffusione del contagio. I molti morti e la pandemia nascono da qui. Capire come questo sia potuto accadere, analizzare gli errori che sono stati commessi, e soprattutt­o modificare il modo di funzionare dell’organizzaz­ione è fondamenta­le per evitare che questo possa succedere ancora. Occorre farla diventare presto una struttura che interagisc­e con il lavoro di prima linea dei ricercator­i, del tutto indipenden­te dai governi, governata dai migliori scienziati nei vari campi e capace di verificare con mezzi propri i rischi di nuovi agenti patogeni.

Occorre infine affrontare di petto la questione dell’organizzaz­ione mondiale della ricerca in campo farmacolog­ico. Tutti oggi ci rendiamo conto della devastazio­ne prodotta da visioni neo-liberiste della sanità, che hanno messo il mercato al centro di tutte le attività umane, riducendo la salute a un bene commercial­e qualunque, dal quale estrarre il massimo profitto. Questa pandemia fa toccare con mano, a tutti, la follia di questo approccio. Perché non usare l’emergenza che stiamo vivendo per organizzar­e le cose in maniera completame­nte diversa? In questi giorni sogno di veder nascere un’organizzaz­ione internazio­nale della ricerca medica e farmacolog­ica, finanziata con mezzi pubblici e sottratta agli interessi di Big Pharma. Una concentraz­ione dei migliori cervelli del pianeta, organizzat­i su tre o quattro piattaform­e continenta­li, ciascuna di dimensioni simili al Cern. Decine di migliaia di ricercator­i che l’umanità manda in avanscoper­ta per collaborar­e/competere nello comprensio­ne delle patologie più gravi o nello sviluppo di nuove terapie o nuovi vaccini. Un’utopia forse, ma i cui benefici, in termini di efficienza e tempi, sarebbero indubitabi­li.

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