IL PESO DELLA RESPONSABILITÀ PER SCIENZIATI E RICERCATORI
L’emergenza La pandemia costituisce un’occasione per creare una concentrazione indipendente dei migliori cervelli del pianeta, organizzati su tre o quattro piattaforme continentali
Che il lavoro di scienziati e ricercatori torni al centro dell’interesse di governi e opinione pubblica è una delle poche conseguenze positive della pandemia che stiamo vivendo. Mi auguro che questa nuova consapevolezza non sia effimera. Cioè prosegua anche dopo che si saranno trovate cure appropriate per contenere le patologie correlate a Sars-cov-2 e, speriamo presto, anche un vaccino. Ma questa ritrovata centralità della ricerca scientifica comporta nuovi doveri per gli scienziati e su questi mi vorrei soffermare.
Anzitutto sentire il peso della responsabilità. È un momento nel quale l’opinione pubblica non perde una parola di quello che dicono medici, virologi ed epidemiologi. A loro ci si aggrappa per capire, sopportare le difficoltà del momento e trovare la speranza di una via d’uscita.
Per questo ci vuole un’attenzione speciale nell’uso delle parole e un grande rigore scientifico nel separare le cose che sappiamo su questo virus da quello che ancora non è certo e il tanto che ci è totalmente sconosciuto. Si farebbe un pessimo servizio alla scienza se, nel frullatore mediatico che accompagna questa fase, non si riuscisse a distinguere uomini e donne che fanno ricerca sul campo, e parlano con prudenza dei loro risultati, da parolai o tuttologi che ricercano notorietà con affermazioni a effetto.
Insomma gli scienziati, tutti, devono esercitare una maggiore autodisciplina e mettere al bando comportamenti che sarebbero incresciosi anche in tempi normali, ma producono effetti devastanti nel mezzo di una pandemia. In buona sostanza virologi ed epidemiologi dovranno imparare a lasciare da parte il loro ego, e abbandonare conflitti personali e dispute senili giocate a colpi di insulti via Twitter. In queste settimane abbiamo visto che persino qualche premio Nobel non riesce a resistere alla smania di protagonismo. Uno spettacolo poco edificante. Anche gli scienziati sono esseri umani, e fra loro ci sono narcisismi, invidie e gelosie. Ma quando la posta in gioco è così alta questi comportamenti devono essere isolati e messi al bando con la massima severità.
In secondo luogo fare un’operazione di verità. Sarebbe importante che un’organizzazione prestigiosa, come l’oms, chiedesse scusa al mondo per i molti errori che sono stati commessi. Non voglio entrare nelle manovre politiche che si stanno svolgendo dietro le quinte: le accuse di condiscendenza verso la Cina, Trump che minaccia di azzerare i finanziamenti e cose del genere. Mi riferisco a un dato inconfutabile: l’oms non ha capito fin dall’inizio la pericolosità di questo virus, la gravità delle patologie che sviluppa, l’estrema facilità con cui può sfuggire a misure blande di contenimento a causa dell’alta percentuale di infettati asintomatici. Le raccomandazioni che ha diffuso ai governi di tutto il mondo nelle prime settimane, quelle cruciali, sono state del tutto inadeguate a
Ammissione
Sarebbe importante che l’oms chiedesse scusa al mondo per i molti errori che sono stati commessi nelle fasi iniziali
contenere la diffusione del contagio. I molti morti e la pandemia nascono da qui. Capire come questo sia potuto accadere, analizzare gli errori che sono stati commessi, e soprattutto modificare il modo di funzionare dell’organizzazione è fondamentale per evitare che questo possa succedere ancora. Occorre farla diventare presto una struttura che interagisce con il lavoro di prima linea dei ricercatori, del tutto indipendente dai governi, governata dai migliori scienziati nei vari campi e capace di verificare con mezzi propri i rischi di nuovi agenti patogeni.
Occorre infine affrontare di petto la questione dell’organizzazione mondiale della ricerca in campo farmacologico. Tutti oggi ci rendiamo conto della devastazione prodotta da visioni neo-liberiste della sanità, che hanno messo il mercato al centro di tutte le attività umane, riducendo la salute a un bene commerciale qualunque, dal quale estrarre il massimo profitto. Questa pandemia fa toccare con mano, a tutti, la follia di questo approccio. Perché non usare l’emergenza che stiamo vivendo per organizzare le cose in maniera completamente diversa? In questi giorni sogno di veder nascere un’organizzazione internazionale della ricerca medica e farmacologica, finanziata con mezzi pubblici e sottratta agli interessi di Big Pharma. Una concentrazione dei migliori cervelli del pianeta, organizzati su tre o quattro piattaforme continentali, ciascuna di dimensioni simili al Cern. Decine di migliaia di ricercatori che l’umanità manda in avanscoperta per collaborare/competere nello comprensione delle patologie più gravi o nello sviluppo di nuove terapie o nuovi vaccini. Un’utopia forse, ma i cui benefici, in termini di efficienza e tempi, sarebbero indubitabili.