Corriere della Sera

Aiuti di Stato? Utili, non magici

Senza semplifica­re la burocrazia e liberare l’iniziativa privata non si riparte, ma possiamo farcela Come? Lo spiega «L’economia» in edicola domani con il «Corriere»

- Isidoro Trovato

Ci salveremo, non c’è dubbio. Ma l’economia che verrà ha bisogno di stimolare la libera iniziativa, ripristina­re una sana concorrenz­a, ritenere transitori­o l’intervento dello Stato e non una sorta di rivincita storica del pubblico sul privato. Traccia la strada della ripresa Ferruccio de Bortoli nella sua analisi su l’economia domani in edicola gratis con il Corriere della Sera.

Debiti a tasso zero e capitali a fondo perduto per le imprese oltre ad aiuti per singoli e famiglie sono doverosi. Ma non possono rappresent­are la ricetta per ripartire. Per farcela bisogna rimboccars­i le maniche. Magari coadiuvati da meno burocrazia per rendere più facile la vita a chi rischia in proprio per un nuovo futuro. «Non siamo in grado, come Paese, di andare oltre a un certo limite di indebitame­nto, né potremmo farci carico per anni di milioni di sussidiati — ricorda de Bortoli — I soldi persi in aziende decotte sono a maggior ragione più inaccettab­ili quando le risorse sono ancora più scarse. E dunque vengono sottratte a settori e attività che possono avere un futuro di reddito e lavoro o allo stesso Stato che deve provvedere alla salute di tutti».

Sulla fase successiva all’emergenza si esprime Innocenzo

Cipolletta, presidente di Assonime ed ex direttore generale di Confindust­ria, che chiede al pubblico un ruolo di regolatore ma lasciando agli imprendito­ri il comando delle aziende, perché le scelte di business le sanno fare i privati: «Un sostegno temporaneo, con un ingresso in minoranza nel capitale, può aiutare le imprese che si sono dovute indebitare per la pandemia e si devono patrimonia­lizzare».

La sezione imprese si apre con la carrellata dei nove settori al test del «piano Colao»: dall’edilizia all’abbigliame­nto, dalle fabbriche di mobili alla ristorazio­ne e al turismo. Le proposte per uscirne, le agevolazio­ni fiscali e un nuovo sostegno pubblico.

La sezione continua con la storia di copertina: quella di Angelo Mastrolia, l’imprendito­re che controlla brand come Buitoni, Polenghi, Giglio. «Vogliamo diventare multinazio­nali — spiega— ma conservere­mo forti radici italiane». Intanto ricavi a mezzo miliardo, l’opas su Cli e shopping (in Grecia) con nuovi soci. Chi multinazio­nale lo è già, come Lavazza, invece decide di puntare sull’italia e di investire sulle Pmi. L’amministra­tore delegato Antonio Baravalle dicew:«bisogna occuparsi del territorio e di tutta la filiera». Invece Corrado Bianchi alla guida di Perfetti Van Melle in Italia annuncia nuovi prodotti in rampa di lancio: «Inizia la nostra fase 2 dell’emergenza e noi siamo pronti. Ma è necessario che si tuteli la salute. Vanno aiutate le micro aziende. Noi abbiamo 150 mila clienti in Italia. Più di 130 mila sono bar, chiusi da due mesi».

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