La rivoluzione mancata di Pichot Beaumont è ancora il numero 1 del rugby
La rivoluzione non c’è stata, ma c’è mancato davvero poco. L’inglese Bill Beaumont (foto) è stato rieletto presidente di World Rugby, la federazione mondiale, con 28 voti, appena cinque in più dello sfidante, l’argentino Augustin Pichot. Non bisogna farsi ingannare dagli ultimi quattro anni: l’ex mediano di mischia dei Pumas era sì il vicepresidente di Beaumont, ma la sua proposta di cambiamento era molto forte. Pichot predicava ( e continuerà a predicare) la redistribuzione della ricchezza (concentrata, almeno fino all’avvento del coronavirus, nell’emisfero nord). Voleva, l’ex numero 9, dare a tutte le Nazioni la possibilità reale di crescere ed è arrivato a un passo dal colpaccio. Nel rugby non vale il criterio una federazione un voto: ci sono Union che ne hanno tre, chi due chi uno soltanto. Se per esempio l’italia, che ha 3 voti, avesse scelto di appoggiare Pichot e non Beaumont, l’argentino avrebbe vinto 26-25. Poteva cambiare tutto, ora cambierà poco. Anche perché Beaumont, il suo nuovo vicepresidente, il francese Bernard Laporte, e il resto del rugby dovranno affrontare un periodo molto complicato. Se a ottobre-novembre non si completerà il Sei Nazioni e non si giocheranno i test, tutte le federazioni chiuderanno in profondo rosso. Più che pensare a far crescere il rugby, Beaumont dovrà impegnarsi per farlo sopravvivere.